Personalità complessa e dai mille interessi, Giulio Carcano ebbe una vita molto movimentata, che lo vide in prima linea nel Risorgimento come patriota e scrittore, per poi trascorrere gli ultimi anni sulle sponde piemontesi del Lago Maggiore, a Lesa.

Carcano nacque a Milano il 7 agosto 1812 da Vincenzo e da Carolina Stagnoli e dal 1824 al 1830 studiò al Longone, il collegio dei nobili milanesi, con maestro di lettere classiche il noto umanista Baroni.

In seguito si iscrisse all’università di Pavia, dove si laureò in legge nel 1834, dopo la pubblicazione della sua prima opera, il poemetto Ida della Torre, di cui due ottave furono soppresse dalla severa censura austriaca.

Un anno dopo Carcano entrò nell’amministrazione del governo di Lombardia, rimanendovi fino al 1844, quando divenne il vicebibliotecario della Braidense, in un contesto molto più congeniale ai suoi interessi letterari.

Nel 1839 diede alle stampe il romanzo Angiola Maria, che riscosse un grande successo anche oltre i confini dell’Italia e nel 1847 sposò la cugina Giulia Fontana, che gli diede la figlia Maria.

Dopo le Cinque giornate di Milano, nel 1848, Carcano iniziò a collaborare con il governo provvisorio e il 24 marzo fu incaricato di coadiuvare il segretario centrale nella spedizione dei decreti e nella preparazione degli affari.

Il 27 luglio, con l’epilogo della prima guerra d’indipendenza imminente, fu inviato a Parigi in compagnia del marchese Guerrieri Gonzaga, con la missione di chiedere l’aiuto dei Francesi, ma il ritorno degli Austriaci ai primi d’agosto gli impedì il ritorno in patria.

Partito poi da Parigi il 10 agosto, lo scrittore si ricongiunse con la famiglia a Lugano, quindi si trasferì a Intra, sul lago Maggiore, rimanendovi fino alla primavera 1849, sempre mantenendo vivi i contatti con gli altri esuli in Piemonte.

Dopo la sconfitta di Novara, Carcano visse per qualche mese nel Canton Ticino, poi fece ritorno in Lombardia, dapprima in Val Cuvia, poi, ai primi del 1850, a Milano, senza più il suo impiego né la pensione.

Visse allora insegnando letteratura nell’istituto Robbiati, dedicandosi con rinnovato fervore a opere in versi e in prosa e alla traduzione di Shakespeare, intrattenendo fitti rapporti epistolari con Andrea Maffei, Carlo Tenca, Ruggero Bonghi, che gli dedicò la seconda edizione del suo famoso libro Perché la letteratura italiana non sia popolare in Italia, e con Carlo Correnti, oltre a frequentare la casa del Manzoni e il salotto della contessa Maffei.

Nel 1857 concorse, senza però avere successo, nonostante il sostegno dell’amico Correnti, alla cattedra di letteratura italiana nell’università di Torino, dove aveva come avversari Ranalli e De Sanctis.

Trasferitosi nel 1859 a Torino, all’inizio della seconda guerra d’indipendenza, Carcano rientrò a Milano con i Piemontesi dopo la vittoriosa battaglia di Magenta, e nel nuovo Regno d’Italia ebbe una lunga e soddisfacente carriera nel settore dell’educazione pubblica.

Oltre ad essere stato il segretario dell’Accademia di Belle Arti, provveditore agli studi, membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, più volte segretario e presidente dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, e infine senatore del Regno nel 1876, lo scrittore venne chiamato dal ministro Broglio a far parte della commissione, presieduta dal Manzoni, per i nuovi studi intorno al vocabolario italiano di allora.

Anche se negli ultimi anni viaggiò a Firenze, a Roma e in altri luoghi della penisola, Carcano amava la quiete dei laghi e dei monti lombardi, e visse i suoi ultimi anni in una villa di Lesa, non lontana da quella abitata dal Manzoni, dove mori il 30 agosto 1884.