Una delle feste più sentite in Lombardia è quella di San Martino, ricorrenza che segna il lento cammino dall’autunno verso il periodo del Natale….

Nato a Sabaria Sicca, oggi Szombathely, in Ungheria, Martino era il primogenito del tribuno militare di una legione dell’impero romano vicino alle frontiere con la Pannonia. 

Dopo aver vissuto l’infanzia a Pavia, nel podere del padre, il ragazzo, nel 331, venne arruolato nelle Scholae imperiali, un corpo scelto formato da 5000 unità ben equipaggiate, per poi essere assegnato ad Amiens in Gallia.

Secondo la leggenda, in una gelida notte dell’inverno del 335, mentre stava facendo la ronda di notte e l’ispezione dei posti di guardia, Martino vide un mendicante seminudo e tremante di freddo.

Impietosito, il ragazzo tagliò in due il suo mantello militare e ne diede parte al mendicante.

La notte dopo Martino vide Gesù vestito della metà del suo mantello militare in un sogno circondato dai suoi angeli che lo ringraziava per l’aiuto che gli aveva dato.

Dopo essersi alzato dal suo letto, il giovane soldato vide che il suo mantello era integro.

Scosso da questo evento miracoloso, Martino si fece battezzare a Pasqua di quello stesso anno e divenne cristiano, per poi lasciare l’esercito e lottare contro l’eresia ariana.

Cacciato prima dalla Francia, poi da Milano, Martino nel 357 si ritirò sull’Isola Gallinara ad Albenga in provincia di Savona, dove visse per quattro anni da eremita.

Quando a Poitiers venne eletto un nuovo vescovo cattolico, Martino tornò in Francia, divenne monaco e fondò il monastero di Ligugé, con il sostegno del vescovo Ilario.

Nel 371 gli abitanti di Tours chiesero a Martino di essere il loro nuovo vescovo e l’uomo acconsentì, continuando la sua lotta contro l’eresia ariana e il paganesimo rurale.

La festa di San Martino cade l’11 novembre, giorno del suo funerale.

Una delle chiese più note in Lombardia consacrate a San Martino è quella di Castello Valsolda, affacciata sul lago Ceresio, costruita nel corso del XV secolo e successivamente ampliata durante il rinnovamento dell’edilizia religiosa previsto dalla Controriforma per decreto del Card. Federico Borromeo.

Il particolare degno di nota della facciata, oltre alla piccola meridiana sul lato sinistro, è il bassorilievo posto sopra il portale, rappresentante una pecora che volge il capo e tiene fra le zampe la croce astile metropolitana con una fiamma che ricorda il gonfalone di Milano, che sembra confermare la presenza in loco dei Confalonieri, signori dell’antico castello.

Nell’angolo inferiore a destra c’è un bue, simbolo della famiglia Bossi, da cui si originò un ramo dei Confalonieri.

La pianta della chiesa presenta una navata unica con tre ampie cappelle per lato; attraverso l’arco trionfale si accede al presbiterio di forma rettangolare, dove la luce giunge solo da due finestre, di cui una posta nella controfacciata è decorata a mosaico, raffigurata la scena di San Martino che dona metà del suo mantello a un povero, opera di Carlo Forni di Castello del 1928.

Gli affreschi della volta e delle pareti del presbiterio sono della bottega dei fratelli Pozzo di Puria Valsolda e furono realizzati tra il 1590 e il 1600 con un linguaggio legato alla lezione milanese di Camillo Procaccini.

Sulla navata ci sono tre cappelle per lato, nelle quali si notano affreschi e tele legati sia a devozioni private, sia alla Confraternita del Rosario, istituita attorno alla metà del Cinquecento, mentre a sinistra della mensa si apre la porta che tramite un corridoio introduce alla sacrestia edificata e ornata tra il 1635 e il 1643.