La miccia della polemica sulla paternità della #radio che va avanti da oltre 100 anni si riaccende alla Nikola #Tesla Exhibition, la #mostra museo interattiva ospitata presso lo Spazio Ventura XV a Lambrate ed organizzata da #veniceexhibition in collaborazione con il Nikola Tesla Museum di Belgrado.
Nonostante l’invenzione della radio sia generalmente attribuita all’italiano Guglielmo #Marconi, è un fatto incontrovertibile e sentenziato che per tutto il territorio degli USAi l vero inventore della #radio è lo scienziato serbo Nikola Tesla.
“Tesla è stato un genio derubato e dimenticato dai libri di storia: è stato truffato da numerosi personaggi, tra cui Edison e Marconi, ed è morto da solo e in povertà”, spiega Mauro Rigoni, Amministratore unico di Venice Exhibition.
“Con questa esibizione vogliamo rendergli onore: nelle nostre case utilizziamo quotidianamente oggetti che derivano dalle invenzioni e dagli esperimenti di Tesla, come appunto la radio”.
La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America nel processo di violazione dei diritti di brevetto, Marconi Wireless Co. contro Usa, nella sua decisione del giugno 1943 stabilì infatti che il brevetto americano Marconi 763.772 era scontato e che non conteneva nulla di nuovo che non fosse presente nei brevetti di Tesla, Stoun e Lodge, aggiungendo che Marconi avesse utilizzato 17 brevetti di Tesla ed alcuni lavori di Hertz, senza dar loro il minimo riconoscimento e anzi negando di aver mai letto i lavori dello scienziato serbo.
Cosa abbastanza improbabile, considerando che i lavori di Tesla, tra brevetti e documenti, erano stati pubblicati anche in Europa.
Le polemiche alla #mostra e sui social
La #nikolateslaexhibition è un’esibizione controversa, dedicata ad un personaggio poco conosciuto, ma ad oggi è riuscita a conquistare il pubblico registrando oltre 40mila visitatori e più di 1.000 scuole che hanno prenotato il tour guidato.
La #mostra non ha mancato di suscitare polemiche e dibattiti, sia nel corso dell’esibizione che sui canali social, tra i fan di Marconi e quelli di Tesla.
“Molti offendono la figura di Tesla pur di attribuire la paternità della radio all’italiano Marconi, per un sentimento di cieco nazionalismo. Ma le sentenze, così come i fatti, parlano chiaro: Tesla è stato derubato”, ribadiscono su Facebook i tanti che hanno avuto modo di conoscere la figura di Nikola Tesla anche grazie all’esposizione a #milano.
Qualcuno ricorda come nonostante “Nikola Tesla sia stato oscurato anche dai libri di storia in realtà è l’uomo le cui idee hanno aperto strade infinite verso le innovazioni e le modernità del Ventunesimo secolo”: senza di lui oggi il mondo sarebbe completamente diverso da come lo conosciamo.
“La vera domanda è: perché la gente non sa chi è Nikola Tesla?” si legge in un commento su Facebook, mentre qualcuno avanza la proposta di intitolare strade, piazze e scuole proprio allo scienziato serbo.
Infine un altro utente ironizza “la radio l’ha inventata Marconi ma con ben 17 brevetti di Tesla”.
E di questo ne era consapevole Tesla stesso che a un suo collaboratore avrebbe riferito: “Marconi è un bravo ragazzo, lasciatelo continuare. Anche se sta usando 17 dei miei brevetti”.
“La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che riconosceva a Tesla l’invenzione della radio è arrivata purtroppo pochi mesi dopo la sua morte, avvenuta nel gennaio 1943 in solitudine e povertà”, spiega Rigoni.
“Nikola Tesla non ha potuto godere degli onori di questa sentenza: con questa #mostra vogliamo restituirgli il merito delle sue scoperte e far conoscere al grande pubblico l’intera documentazione e le sue invenzioni che nel 2003 l’UNESCO ha riconosciuto come patrimonio universale ed eredità destinata all’umanità”.
Silenzio stampa invece da parte della pagina Facebook Guglielmo Marconi Fans Club e dalla Fondazione Guglielmo Marconi.
“In occasione della preparazione della #mostra avevamo contattato anche la Fondazione Marconi che tuttavia aveva richiesto che venisse inserito Marconi in veste di inventore della radio e inventore del segnale radio nelle navi transatlantiche.
Non abbiamo potuto accontentarli, perché questo non ci avrebbe permesso di raccontare davvero come sono andate le cose”, spiega Rigoni.