Tanto tempo fa, le città di Sesto e Abido, che erano una di fronte all’altra sulle due opposte rive dell’Ellesponto, furono separate da un breve braccio di mare.
Vicino a Sesto si trovava una torre nella quale viveva in solitudine Ero, sacerdotessa consacrata ad Afrodite; che evitava di partecipare alle danze dei coetanei o di trattenersi in conversazioni con altre ragazze.
Nel giorno della grande festa che si celebrava a Sesto in onore di Adone e Afrodite, cui convenivano in gran folla non solo genti dalle città vicine, ma anche dalle isole egee e da Cipro, dalla Tessaglia e dalla Frigia, dal Libano e dalla Fenicia, Ero si diresse verso il tempio della dea per compiere i sacrifici in onore degli immortali.
Molti giovani la notarono, ma solo uno, Leandro, originario di Abido, colto dapprima da stupore, si fece più vicino alla ragazza, cercandone lo sguardo, ed Ero, per la prima volta, volse più volte gli occhi sul suo silenzioso ammiratore.
Sul far della sera il giovane trasse in disparte Ero, raccolse il coraggio e le chiese se ricambiasse il suo amore.
“Straniero” disse Ero arrossendo di vergogna “davvero nuovo è per me il turbamento del mio cuore, ma noi non possiamo sposarci, perché questo non sarebbe gradito ai miei genitori. Essi vollero che, abitando con un’ancella davanti alla riva, avessi per casa una torre e come vicino il mare”.
Leandro disse “O fanciulla, per te sfiderei anche il mare, e ogni notte io, attraverserò a nuoto l’Ellesponto, infatti abito nel castello di Abido. Ti prego di accendere una lampada sulla tua torre, affinché vigili sul mio cammino”.
Così al calar delle tenebre Ero esponeva una lampada alla sommità della torre e, alla vista di quella luce, Leandro si tuffava in acqua per raggiungere l’amata.
Ma una notte, mentre i venti fischiavano minacciosi sul mare, e l’onda si sollevava, Leandro finì tra i gorghi implacabili.
Ero aspettava insonne nell’alcova e solo all’aurora, proprio ai piedi della torre, vide il corpo del suo amato.
La ragazza, stracciatasi sul petto la veste, si lanciò a capofitto per condividerne la sorte del suo uomo rimanendo vicini per l’ultima volta.