Domenica 12 gennaio a Roma è scomparso, a ottantaquattro anni, Giampaolo Pansa. cronista e saggista, nato a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, il 1 ottobre 1935.
Pansa era tornato a scrivere a settembre 2019 per il Corriere della Sera, di cui era stato inviato speciale dal 1973 al 1977, con la rubrica Ritorno in Solferino, ma a partire da agosto 2019, lavorava anche sul giornale online The Post Internazionale.
Sposato con Lidia, nel 1962 Pansa ha avuto un figlio, Alessandro, morto cinquantacinquenne nel 2017, negli ultimi anni la scrittrice Adele Grisendi è stata la sua compagna.
Nella sua carriera, iniziata a ventisei anni a La Stampa, dopo la laurea in Scienze politiche a pieni voti a Torino, Pansa collaborò anche per Il Giorno di Italo Pietra, poi tornò alla Stampa come inviato da Milano, fra il 1969, anno della strage di piazza Fontana, e il 1972, prima di passare a Il Messaggero, di cui fu redattore capo.
Ma la sua casa per 14 anni fu La Repubblica, dal 1977 al 1991, prima come inviato speciale, poi come vicedirettore e in seguito come editorialista, inoltre ha scritto anche per Epoca, con la rubrica Quaderno italiano, L’Espresso e Panorama con la rubrica Bestiario.
Il 30 settembre 2008: Pansa lasciò L’Espresso in contrasto con la linea editoriale, per poi lavorare fra Il Riformista, Libero e La Verità.
Ma fu anche autore di diversi romanzi e saggi, come Il sangue dei vinti sulla Resistenza, Le notti dei fuochi del 2001 sulla guerra civile italiana, I figli dell’Aquila e, nel 2011 Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri.
Dagli esordi con un reportage sulla Strage del Vajont agli articoli sull’attentato di Piazza Fontana e quelli sullo scandalo Lockheed, nella sua lunga carriera Pansa ha ideato l’espressione Balena Bianca per definire la Democrazia cristiana.
Con Pansa scompare un grande osservatore della realtà italiana che ha indagato anche con lo scrupolo dello storico e la curiosità del cronista, che non ha mai avuto timore di prendere posizione.