Giunto alla XXIV edizione, ritorna domenica 11 ottobre il Memorial Eugenio Castellotti, dedicato al grande campione lodigiano.

Vincitore del premio Manovella d’Oro ASI 2019, la manifestazione propone un itinerario che si sviluppa per circa 110 chilometri all’interno della provincia di Lodi, attraversando i comuni compresi tra i fiumi Adda e Po.

Durante il percorso, che vedrà partenza e arrivo presso la concessionaria FIAT Lazzari in Lodi, gli equipaggi dovranno affrontare 50 prove cronometrate, con una sosta per buffet servito presso il ristorante Corte Biffi di San Rocco al Porto.

La gara rispetta le normative ASI come da regolamento.

Nato a Lodi il 10 ottobre 1930, Eugenio Castellotti era il primogenito di una ricca famiglia terriera. Figlio di una madre giovanissima, poco più che sedicenne che lavorava nella casa dei Castellotti e con cui ebbe un rapporto tormentato. Il padre, avvocato lo riconobbe solo quando aveva nove anni. Imparò presto a guidare la macchina, grazie all’autista della famiglia.

Alla fine del 1949, morì suo padre, lasciandolo erede di un patrimonio importante. Con l’eredità si comprò subito una Ferrari 166MM e iniziò a correre come privato, prendendo parte a diverse gare eventi nei due anni successivi, giungendo anche sesto alla Mille Miglia del 1951.

La sua carriera da pilota iniziò ufficialmente il 1 aprile 1951 con la scuderia Marzotto all’undicesimo Giro di Sicilia, poi alla fine dello stesso mese partecipò alla Mille

Miglia con il copilota Rota, e si trovò a competere contro piloti già ben noti come Cortese e Marzotto, mettendosi in evidenza come pilota veloce e a tratti irruento. Corse sia con le sport che con le monoposto di Formula Due.

Nel 1952 conquistò le prime vittorie, il 9 marzo ottenne il primo posto della sua categoria nel Giro di Sicilia, e 10 giorni dopo primeggiò alla Coppa d’oro di Siracusa in un faccia a faccia, anzi motore-motore, con Sighinolfi, poi passò dalla Scuderia Marzotto alla Scuderia Guastalla.

Alla sua seconda partecipazione alla Mille Miglia finalmente sfidò i più grandi nella stessa categoria: Taruffi, Biondetti, Bracco, Fagioli e in più tre Mercedes 300 SL e per un certo periodo, durante la gara, fu secondo dietro il vincitore Kling su una delle frecce d’argento.

Grazie a tutto questo Eugenio fu chiamato dalla Lancia, da Alberto Ascari, per gareggiare con la neonata squadra corse e approdare al campionato di F1, nato nel 1950. Ascari era appena diventato bi-campione del mondo, imponendosi nel 51 e 52 su Ferrari, dopo un lungo ed estenuante duello con Fangio. Legò subito e profondamente con Castellotti, non solo per la passione per i motori, ma anche per la stessa provenienza di famiglia agiata e possidente terriera. In Eugenio vedeva il suo erede naturale nelle corse.

Castellotti per la Lancia corse la Carrera Panamericana del 1953; una gara infernale, in condizioni stradali e non solo, veramente al limite, dove fu terzo dietro Juan Manuel Fangio e Piero Taruffi, inoltre vinse la 10 ore di Messina.

Nel 1954, con Ascari, fu costretto a rimandare la partecipazione al campionato di Formula 1 per una decisione della stessa Lancia, nella difficoltà di affrontare il progetto. Castellotti tuttavia nel 54 corse con le vetture Sport e debuttò in Formula Uno soltanto nel 1955 con la Lancia D50, in una squadra che comprendeva anche Villoresi.

Ottenne il secondo posto nel GP di Monaco, quello in cui l’amico Alberto Ascari ebbe un grave incidente, da cui si salvò miracolosamente dopo un volo in mare. Quattro giorni dopo, questo incidente, il 26 maggio 1955, Castellotti, mentre provava una Ferrari 750 a Monza, chiama l’amico per invitarlo sul circuito brianzolo. A sessione prove ormai al termine, Ascari chiede di provare la vettura e al terzo giro si va a schiantare morendo sul colpo sulla curva del Vialone che da quel giorno, prenderà il suo nome. Una tragedia che segnerà per sempre nel profondo Castellotti e la Lancia che prenderà la decisione di ritirarsi dalle corse.

Gianni Lancia trovò un accordo con Enzo Ferrari cui cedette le D50 e nello stesso momento, ci fu il passaggio alla rossa anche dei piloti. Oltre al materiale Lancia, il Drake puntava proprio su Castellotti che riteneva a tutti gli effetti, l’erede di Ascari.

Nel frattempo era diventato un personaggio da copertina a tutti gli effetti, ricco, affascinante, pilota già sulla cresta dell’onda, non gli mancavano certo le amicizie femminili che facevano aumentare anche la sua fama di play-boy. Entra stabilmente nelle pagine rosa, non solo quella della Gazzetta dello Sport, per i flirt con Anna Maria Ferrero, Edy Campagnoli e Sandra Milo, poi per quella che sarà l’amore della sua vita, la soubrette Delia Scala, conosciuta proprio nell’estate del 1956 in un ristorante. Un rapporto a dir poco fortemente osteggiato dalla madre di Castellotti.

Per quello che riguarda la stagione sportiva, nel 1956 parte in prima fila al Gp di Argentina su Ferrari, ma si ritira al 43° giro per un problema alla trasmissione. Al Gp di Monaco parte in prima fila con il terzo tempo ma chiude al quarto posto. A Spa si ritira per il solito problema alla trasmissione. Sul circuito di Reims in Francia secondo tempo e secondo posto dietro l’altro ferrarista Collins che, con Hawthorn fu uno dei suoi acerrimi rivali. In Inghilterra a Silverstone chiude al 10 posto. Al Nurburgring arriva il ritiro al 13 giro per un incidente con l’altro ferrarista Musso. Chiude la stagione a Monza con il secondo tempo in prova dietro Fangio e l’ottavo posto in gara.

Castellotti terminò il campionato di F1 al sesto posto, ma il vero trionfo dell’anno lo ottiene alla Mille Miglia, sbaragliando gli avversari, concludendo la gara in meno di 12 ore, sotto una pioggia battente, precedendo di oltre 12 minuti il compagno rivale Peter Collins e di oltre 34′ Luigi Musso, che andavano così a completare un podio tutto di piloti Ferrari, senza dimenticare Fangio, arrivato al traguardo quarto ma con la stessa auto del pilota lodigiano, la Ferrari 290 S a dodici cilindri.

Nello stesso anno vince sempre con la Ferrari anche la 12 Ore di Sebring, in coppia con Manuel Fangio e conquistando anche il titolo di Campione d’Italia.

L’ultimo Gp di F1 cui partecipò Castellotti fu quello di Argentina per l’apertura della stagione 1957, dove era stato il più veloce nelle qualifiche tra i ferraristi, ma la sfida fu davvero dura e, dopo che Moss, Fangio e Behra tutti su Maserati 250F ottennero i primi tre posti in griglia, Castellotti resistette fino a quando una ruota e la frizione della sua Lancia Ferrari D50 lo abbandonarono. Il Gran Premio seguente sarebbe stato a Montecarlo, ma nel mese di maggio.

Mentre era a Firenze con la sua amata Delia Scala, Eugenio venne contattato da Enzo Ferrari, che lo avvertì di aver ottenuto i tempi, che Behra aveva fatto con la Maserati 250F, storica rivale della rossa in tutti i sensi, e gli ordinò quindi di recarsi immediatamente a Modena, per testare sul circuito locale, la nuova Ferrari 801.

All’alba del 14 marzo 1957, appena arrivato al circuito, senza praticamente aver chiuso occhio, Castellotti salì in macchina e iniziò i test, per continuarli poi nel pomeriggio. Alle 17.19 usci di pista alla Curva delle Tribunette, andando a schiantarsi a oltre 200 l’ora morendo sul colpo. Le cause dell’incidente non furono mai veramente chiarite. Sotto accusa finirono la pista scivolosa, il cedimento dell’albero di trasmissione della Ferrari ma anche le condizioni di Castellotti che era rientrato a tarda notte da Firenze, dove era con la sua fidanzata Delia Scala e la sua voglia di dimostrare a Enzo Ferrari che era il migliore, volendo dare a tutti i costi il record della pista, strappandolo alla Maserati.

L’impatto mediatico fu imponente, Castellotti era uno dei piloti italiani più in vista, era stato alla Lancia e alla Ferrari, era l’erede designato di Alberto Ascari, deceduto proprio mentre stava provando a Monza la vettura del Lodigiano.

Al suo funerale la Scala non si presentò per evitare la madre di Castellotti, Delia si porterà dietro a lungo la storia travagliata con il pilota lodigiano, che considererà il vero grande amore della sua vita.