Tra i centri della Lomellina, Cozzo è sicuramente tra quelli dalle origini più antiche, come dimostra una pietra miliare ritrovata nel 1829 da Giuseppe Curti presso la cascina San Lorenzo e conservata al Museo Leone di Vercelli, che dimostra che fu in epoca romana un’importante tappa degli antichi itinerari imperiali.

Nell’Itinerario delle strade dell’impero romano c’era anche la strada che da Milano conduceva ad Arles attraverso le Alpi Coziee che riportava il nome di Cottiae, dove nel 333 un anonimo pellegrino partì da Bordeaux per la Terra Santa e percorse questa strada segnalando le località dotate di un posto di servizio, e fra le tante Cozzo era indicata come stazione per il cambio dei cavalli.


La carta o tavola di Peutinger del terzo secolo dimostra la grande importanza di Cozzo che è raffigurata con il simbolo convenzionale delle due case, con cui sono indicate soltanto le città municipali di Torino, Pavia, Piacenza e Milano, politicamente importanti, dotate di strutture amministrative, militari e commerciali.

Nel VI secolo Cozzo non fu in grado di opporre resistenza ai barbari e all’affievolirsi delle sue funzioni sociali, perdendo così la sua importanza.

Successivamente arrivarono i monaci Benedettini di Cluny, che fondarono sui resti dell’antico Oppido la loro abbazia, bonificando i terreni paludosi circostanti.

Da allora la storia di Cozzo divenne quella dei conti Palatini di Lomello, poi quella dei Visconti e degli Sforza e infine quella del Risorgimento e del Regno d’Italia.

Il Castello, compatto e poderoso, a pianta quadrilatera, si trova oggi nella periferia nord-occidentale del paese e per il suo aspetto generale e la tecnica costruttiva delle opere murarie sembra risalire al secolo XI.

La torre nell’angolo sudorientale presenta, a tre quarti dell’altezza, una triplice cornice decorativa, del tipo a denti di sega, caratteristica delle costruzioni di età viscontea, da ascrivere a un rimaneggiamento di rilevante entità effettuato nel periodo rinascimentale.

L’edificio inoltre è poco sviluppato in pianta in rapporto all’altezza, una particolarità rara in Lomellina, riscontrabile solo nel castello di Tortorolo, dove è evidente un sopralzo dell’intero edificio avvenuto in epoca imprecisata.

Successive al Rinascimento sono altre modifiche che hanno interessato le aperture preesistenti, ma non hanno però alterato l’aspetto generale del monumento, che è pervenuto integro ai giorni nostri.

Da un robusto rivellino, prima munito di ponte levatoio e in cui si apre un ampio portone, si accede all’antico ricetto, dal cui cortile, tramite un ponte in muratura, si entra nel maschio, il cui ingresso è inserito in un ulteriore poderoso rivellino, addossato al corpo principale del castello, dove sono tuttora visibili le sedi dei bolzoni, mentre è parzialmente murata la pusterla.

Sul lato meridionale, nella parte sinistra della torre angolare, si vede un affresco con le armi dei signori del luogo e alla sommità i muri perimetrali sono coronati da merli ghibellini, tra i quali si possono notare le sagome di alcuni comignoli di gusto classico e di moderna costruzione.

All’interno molte sale conservano i soffitti originali a cassettoni di legno, oltre a un prezioso affresco monocromo che raffigura l’incontro tra il re di Francia Luigi XII e Pietro Gallarati con numerosi altre personalità dell’epoca, come il cardinale Giorgio d’Amboise, gran Cancelliere del ducato di Milano, già arcivescovo di Rouen e proprietario, tra l’altro, del castello di Sartirana e di vaste terre nella regione.

Le attuali condizioni del complesso sono ottime grazie ai restauri eseguiti negli ultimi decenni dalla comunità di Mondo X, che vi è ospitata e ne cura tuttora la conservazione.

La Chiesa parrocchiale, dedicata a San Vittorino, vescovo e martire, fu eretta nel 1863 dal duca Tommaso Gallarati-Scotti, venne costruita in forme neoclassiche e fu restaurata nel 1962 da don Bernardo Merlo.