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In ottica trasparenza, l’azienda cinese svela ai giornalisti i segreti del suo algoritmo attraverso un tour virtuale.

#TikTok è sicuramente una delle app più famose del momento, utilizzata per condividere video brevi e divertenti.

A distanza di appena due anni, l’azienda cinese ha svelato l’algoritmo che è alla base del suo funzionamento, lo stesso che disciplina il contenuto dei feed degli utenti.

Il meccanismo è quello che lo scienziato americano Arthur Lee Samuel ha battezzato ‘machine learning’. In pratica, l’algoritmo analizza e studia le abitudini degli utenti e tutte le loro interazioni sul social: video guardati, like messi, account seguiti, condivisione di materiali su altre piattaforme.

In questo modo, acquisisce informazioni direttamente dai dati e, man mano che l’interazione dell’utente aumenta, i dati si aggiornano in modo da poter fornire contenuti sempre più in linea con i suoi gusti.

Al primo utilizzo, l’app mostra otto video con contenuti di tendenza e l’algoritmo memorizza i comportamenti dell’utente: cosa guarda, cosa scarta, il grado di engagement rispetto a quanto proposto, gli hashtag seguiti.

Successivamente, vengono mostrati altri otto video, con contenuti simili, per studiare la risposta e confermare i gusti dello stesso.

A questo punto, vengono analizzate tutti i dati raccolti, a partire dalle informazioni dell’account, come la lingua e il paese d’origine, fino ai contenuti dei singoli post: hashtag, suoni, didascalie, commenti.

Da queste indicazioni, inizia il mapping dei gusti dell’utente, in modo da potergli suggerire altri contenuti in tema e garantirgli sempre un feed interessante ma con un impegno: nessuna ridondanza.

Infatti, non vengono mai proposti in successione due contenuti dello stesso creator.

L’algoritmo, inoltre, è programmato per garantire la stessa visibilità sia a un creatore famoso che a uno sconosciuto. La differenza la fanno i contenuti e le preferenze dell’utente.

Questa sistema di personalizzazione del feed, però, rischia di portare a quelle che Eli Pariser ha definito ‘bolle di filtraggio’.

In sintesi, andando a proporre sempre la stessa tipologia di contenuti, l’utente si rinchiude in un suo habitat ideale, senza potersi confrontare con tutto ciò che è lontano dai suoi interessi e dal suo punto di vista, favorendo quindi la disinformazione.

Per questo motivo, l’azienda sta lavorando per mettere a punto delle novità importanti in termini di introduzione di nuovi contenuti.

Non bisogna, poi, dimenticare la questione privacy e sicurezza che è ancora sul tavolo.

Il timore che il governo cinese possa utilizzare i dati raccolti dall’algoritmo per spiare milioni di utenti in tutto il mondo ha portato a bandire l’app in India e negli Stati Uniti, anche se nell’ultimo caso la questione sembra in via di risoluzione grazie alla vendita dell’app a una società statunitense che avrà il compito di supervisionare e intervenire in caso di rischio di violazione dei dati privati e della sicurezza degli Americani.

Non ci resta, dunque, che attendere i prossimi sviluppi per capire se il social guadagnerà nuovo terreno rispetto ai competitor.