Un archeologo che raccontò il mondo antico nei suoi libri e nella televisione degli anni Ottanta…

Sabatino Moscati nacque a Roma il 24 novembre 1922, da Giuseppe e da Lida Sadun, una coppia che viveva nel quartiere ebraico della capitale.

Impossibilitato ad accedere all’università statale a causa delle leggi del fascismo contro gli ebrei, Moscati conseguì la licenza del Pontificio istituto biblico nel 1943, laureandosi nel 1945 con una tesi con relatore Francesco Gabrieli che, con il gesuita tedesco Alfred Pohl, assirologo del Pontificio istituto, Giorgio Levi Della Vida e Giuseppe Tucci, formò il gruppo di maestri cui il giovane studioso si sentì legato da un particolare rapporto scientifico e umano.

Ottenute le libere docenze in ebraico e lingue semitiche comparate e in storia e istituzioni musulmane, l’archeologo venne nominato professore incaricato nelle Università di Roma (1946-54), Firenze (1950-52) e all’Istituto universitario orientale di Napoli (1953-58).

Alla fine del 1954, dopo aver vinto il concorso di ebraico e lingue semitiche comparate, Moscati fu chiamato a insegnare filologia semitica all’Università di Roma La Sapienza, dove restò come professore ordinario fino al 1982, poi dall’anno accademico 1982-83 si trasferì all’Università di Roma Tor Vergata.

A partire dagli anni Sessanta, Moscati studiò la componente fenicia della civiltà mediterranea, con un occhio al mondo punico e ad altri aspetti della storia e dell’archeologia del Mediterraneo antico. Il saggio La questione fenicia (1963), dove affrontava le origini della civiltà fenicia in tutte le sue connotazioni agli inizi dell’età del Ferro, aveva i temi principali dei suoi studi successivi e della sua scuola, come Problematica della civiltà fenicia (1974) e La questione fenicia: venti anni dopo (1984).

Moscati organizzò e diresse negli anni fondamentali missioni archeologiche italiane in Palestina, Siria, Sicilia, Sardegna, Malta e Tunisia, e pubblicò numerosi studi, con una spiccata attenzione per l’accessibilità delle informazioni a un pubblico che non fosse solo quello degli specialisti.

L’archeologo ricoprì molti ruoli di responsabilità in istituzioni scientifiche e culturali, fu direttore del Centro di studi semitici e poi dell’Istituto di studi del Vicino Oriente e della Scuola orientale dell’Università di Roma; direttore del Centro per le antichità e la storia dell’arte del Vicino Oriente e vicepresidente dell’Istituto per l’Oriente, nonché presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto per la civiltà fenicia e punica del CNR, presidente del Comitato nazionale per gli studi e le ricerche sulla civiltà fenicia e punica del ministero dei Beni culturali e ambientali, direttore dell’Enciclopedia Archeologica presso l’Istituto dell’Enciclopedia italiana, presidente dell’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, presidente dell’Unione accademica nazionale.

Ideò anche varie pubblicazioni scientifiche come Oriens Antiquus, la Rivista di studi fenici e la Rivista degli studi orientali e fu un membro della Pontificia accademia di archeologia, fu altresì socio corrispondente e poi socio nazionale, rispettivamente nel 1959 e nel 1968, dell’Accademia nazionale dei Lincei, di cui fu vicepresidente dal 1991 al 1994 e presidente dal 1994 al 1997.

Il suo più noto contributo alla divulgazione scientifica fu la partecipazione al programma televisivo Almanacco del giorno dopo, dove curava e presentava la rubrica Le pietre raccontano, oltre alla direzione del mensile Archeo, edito dalla De Agostini, che Moscati resse dal 1984, anno di fondazione del periodico, fino alla sua morte, avvenuta a Roma l’8 settembre 1997.