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Una storia che racconta com’era il mondo della Magna Grecia…

Il 9 dicembre 1959, a Taranto, all’altezza del civico n. 9 di Via Genova, nel corso della costruzione delle fondamenta di un edificio, fu scoperta una tomba che mostrava i segni di una sepoltura di un uomo indicato come una vera e propria leggenda dell’epoca, che aveva vinto ben quattro Olimpiadi nella specialità del Pentathlon.

Quella scoperta oggi è nota come la Tomba dell’Atleta di Taranto, databile al 500/480 a.C.

Lo scheletro dell’Atleta di Taranto, giunto ai nostri giorni in perfetto stato di conservazione, ha permesso negli ultimi decenni di fare una ricostruzione del suo aspetto fisico.

Adesso si sa che era un uomo più alto della media dell’epoca, dalla corporatura massiccia, con spalle larghe, muscoli dorsali potenti e braccia e gambe forti.

L’antropologo specialista in ritrovamenti antichi Gaspare Baggieri dalle analisi ha capito che si trattava di una persona dedita al culto della forma fisica.

Oggi la tomba dell’Atleta di Taranto si trova in una sala del Museo Nazionale Archeologico di Taranto, noto in tutto il mondo per gli spettacolari oggetti di oreficeria, come orecchini, collane, anelli, diademi e corone, che sono stati trovati nelle sue necropoli.

Agli angoli del feretro ci sono quattro vasi, le cosiddette Anfore Panatenaiche, usate nell’antichità per premiare i vincitori, come le medaglie d’oro alle Olimpiadi.

Decorate finemente, le Anfore Panatenaiche erano considerate premi d’inestimabile valore ed erano destinate al vincitore ricolme d’olio ricavato dagli uliveti consacrati alla dea Atena.

Ogni vincitore riceveva per una gara vinta fino a 100 anfore, che equivalgono a migliaia di litri di olio d’oliva, per un valore stimato paragonabile ai nostri attuali 75mila euro.

I raffinati disegni delle anfore panatenaiche riproducevano scene delle competizioni, dove erano date in premio e questo fa capire in quali prove l’atleta di Taranto era stato vincitore.

Secondo una ricostruzione ideata in base ad uno studio delle anfore in questione, pare che l’atleta di Taranto avesse partecipato alle durissime prove del Pentathlon che comprendeva cinque discipline distinte, salto in lungo, lancio del disco, lancio del giavellotto, lotta, corsa.

Lo sviluppo della parte inferiore della gamba suggerisce anche che fosse molto abile nel salto in lungo, mentre gli stinchi grandi, solidi e robusti provano che fosse persino un eccellente saltatore. E’ stato possibile negli ultimi anni ricostruire quanto riuscisse a saltare l’atleta di Taranto, poteva saltare fino a 3 metri.

In base all’esame delle ossa, sembra poi che l’artrite abbia costretto l’atleta a ritirarsi, per cui i duri allenamenti e l’eccessivo sforzo fisico lo condussero allo stremo delle forze e alla morte, ancora in giovane età, fra i 27 e i 35 anni.