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Il Cavalier Enrico Mangili fu un noto e stimato ingegnere, industriale e filantropo,  proprietario di una stamperia di tessuti nel quartiere milanese di Crescenzago, ma oggi è passato alla storia come l’inventore dei coriandoli.

Mangili nella seconda metà dell’Ottocento era il proprietario di una stamperia che operava nel complesso di villa Lecchi tra piazza Costantino, il Naviglio della Martesana, via Meucci e i giardini dell’attuale Associazione Villa Pallavicini.

L’azienda tessile del cavaliere dava lavoro a molte donne del paese e, per far funzionare i macchinari, sfruttava anche la forza idraulica della corrente del Naviglio mediante una ruota.

Ancora oggi nel muro di villa Lecchi, lungo il Naviglio della Martesana, è possibile individuare le tracce di dove era posizionata la ruota.

Fu nel 1875 che Mangili ebbe la trovata di utilizzare i piccoli dischetti di scarto dei fogli che erano bucati per essere utilizzati come lettiere per i bachi da seta, allo scopo di lanciarli sui carri di Carnevale.

I minuscoli coriandoli a Milano ebbero un grande successo, poiché prima di allora era usanza gettare sulle sfilate dei confetti, infatti il nome coriandoli deriva dal fatto che si ricoprivano di zucchero i semi di coriandolo, pianta molto comune in quei tempi attorno a Milano.

Mangili iniziò così a commercializzare i coriandoli, contribuendo a cambiare il volto del Carnevale, infatti, i piccoli colorati cerchi entrarono subito a far parte della tradizione meneghina e poi di tutto il mondo.

Ma Enrico Mangili fu anche un uomo molto caritatevole, contribuì economicamente alla fondazione dell’asilo che ospitava i figli delle filatrici di Crescenzago e, nel giardino dello stesso asilo, che ancora oggi si può vedere in via Padova 269, c’è un busto che lo ricorda.

Ad attribuirsi la paternità dei coriandoli ci fu anche un altro ingegnere: il triestino Ettore Fenderl che secondo il suo racconto, riferito a Radio Rai nel 1957, da bambino avrebbe inventato i coriandoli quando, nel 1876, non avendo i soldi per acquistare i confetti di gesso allora in uso, ritagliò dei triangolini di carta.

La differenza fondamentale tra la trovata del triestino e quella di Mangili è che nel secondo caso i dischetti vennero commercializzati, arrivando a essere utilizzati in modo diffuso.

Questo elemento permette di attribuire l’invenzione dei coriandoli all’ingegnere milanese, cui per si deve anche la creazione delle stelle filanti, per le quali s’ispirò alle striscioline di carta che scorrevano nei telegrafi per ricevere i segnali alfabetici Morse.