Pulcinella Napoli compressor

Febbraio è il mese del Carnevale e a Napoli maschere, coriandoli, chiacchiere e sanguinaccio sono il cuore di un patrimonio culturale e folkloristico unico.

La maschera napoletana più conosciuta e amata è quella di Pulcinella, una delle più note al mondo per la sua storia e per la sua origine.

Pulcinella ha una storia che risale al XVI secolo e legatissima allo sviluppo della commedia dell’arte.

Il nome così stravagante di questa maschera deriva da Puccio D’Aniello, un contadino di Acerra che stufo di zappare la terra e di coltivare i campi, decise di lasciare tutto e di unirsi a una compagnia di girovaghi che si trovava a passare per il suo paese natio.

Altri sostengono che il nome Pulcinella derivi da Pulcinello, cioè un sostantivo per indicare un piccolo pulcino dal naso curvo e adunco e che richiama il volto della maschera partenopea.

Infine, alcuni studiosi hanno individuato in Pulcinella la figura di Maccus, il ladro sciocco e mangione delle Atellane, cioè le commedie importate a Roma e risalenti al IV secolo a.C. dai toni comici e stravaganti, basate sia sul primo impiego di canovacci che sull’improvvisazione.

Quella che resta l’ipotesi più accreditata è quella che accomuna Pulcinella a Puccio d’Aniello, che divenne famoso dopo che Ludovico Carracci fece un suo ritratto dove era caratterizzato da un naso molto pronunciato e da una faccia scura, simbolo del lavoro nei campi.

La maschera del Pulcinella com’è conosciuta è opera dell’attore Silvio Fiorillo, figlio d’arte di Tiberio, originario di Capua, che aveva fatto parte della Compagnia degli Uniti recitando e interpretando svariati ruoli.

Il volto del Pulcinella di Fiorillo è molto simile a quello odierno, in testa porta un lungo cappello bianco di stoffa e sul volto una mezza maschera nera che copre solo gli occhi, evidenzia il naso curvo e lascia scoperta la bocca sottile ma sempre aperta.

Fu Antonio Petito, drammaturgo e attore teatrale del XIX secolo, a ideare il costume e la fisicità di Pulcinella, con una corporatura insolita, nascosta da larghi pantaloni e da una casacca bianca separati da una cintura nera e completati con enormi scarpe nere.

Nella storia della cultura napoletana, nel caso della maschera di Pulcinella si parla di ermafroditismo poiché il capo è quello di un uomo al contrario della parte inferiore che sembra avere tutte le caratteristiche della fisicità di una donna.

Per i napoletani Pulcinella è un imbroglione, un chiacchierone e un morto di fame, noto per il suo dolce far niente, per il suo adagiarsi completamente e per la sua arte di arrangiarsi.

Non si impegna mai in nulla se non per trovare qualcosa da mangiare, è desideroso di ogni cosa e in particolar modo di cibo, ma Pulcinella si accontenta e si adatta a fare un po’ di tutto senza mai impegnarsi concretamente in qualcosa.

Sotto questo punto di vista, la maschera ritrae il cittadino napoletano, che non si arrende al cospetto delle difficoltà e che trova sempre un modo per tirare a campare senza mai perdere il sorriso ironico.