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Il primo re del ciclismo italiano del Novecento.

Costante Girardengo nacque a Novi Ligure, in Piemonte, il 18 marzo 1893, quarto di sette figli.

Iniziò a gareggiare nel ciclismo a quattordici anni. Dal 1910 lavorò alle officine ALFA a Tortona, e percorreva quotidianamente 40-50 km in bicicletta tra andata e ritorno. Sarà questo il primo grande allenamento su e giù per i colli, tra percorsi nervosi con ogni tempo.  Nel periodo, prese ad affermarsi nelle gare per indipendenti: soprattutto nel 1911, quando ottenne, su ventinove gare disputate, ben 22 vittorie. Divenne ciclista professionista nel 1912, a soli diciannove anni ingaggiato dalla formazione alessandrina Maino, spinto anche da una pubblicità che al tempo non poteva fare, in quanto dilettante. Si presentò con un nono posto al Giro di Lombardia.

L’anno seguente conquistò il titolo italiano per professionisti su strada e nell’intera carriera arriverà a vincerne nove. Sempre nel 1913 concluse il Giro d’Italia al sesto posto della classifica finale, con una vittoria di tappa all’attivo, inoltre vinse la temuta granfondo di 610 chilometri Roma-Napoli-Roma.

Il 1914 vide per il giovane ciclista un nuovo titolo italiano per professionisti, ma soprattutto la tappa Lucca-Roma, del Giro d’Italia che con i suoi 430 chilometri rimane ancor oggi la più lunga mai disputata nella competizione.

A causa dello scoppio della Prima guerra mondiale Girardengo interruppe l’attività agonistica e tornò a gareggiare nel 1918 quando vinse la Milano-Sanremo, Classicissima di primavera, che lo vedrà primo per ben sei edizioni, un record superato solo cinquanta anni più tardi dal fenomenale Eddy Merckx.

Nel 1919 al Giro d’Italia indossò la maglia rosa dalla prima all’ultima tappa, vincendone sette e in autunno conquistò la vittoria nel Giro di Lombardia.  Conservò il titolo italiano fino al 1925, vincendo diverse gare classiche, ma non riuscì a ripetere il successo al Giro d’Italia, dove venne costretto ogni volta al ritiro.

In particolare, nel 1921, Girardengo vinse tutte le prime quattro tappe del Giro, impresa che gli valse l’appellativo di Campionissimo, lo stesso nome che fu attribuito anni dopo anche a Fausto Coppi. E con Coppi non condivideva solo questo, anche la stessa terra d’origine, il terreno di allenamento, oltre allo scopritore e confidente Biagio Cavanna, sempre di Novi Ligure.

Girardengo si aggiudicò per la terza volta la Milano-Sanremo nel 1923 e il Giro d’Italia e il 1924 sembrò un anno in cui vuole rilassarsi, ma tornò nel 1925 vincendo per la nona volta il titolo italiano, primeggiando per la quarta volta alla Milano-Sanremo e giungendo al secondo posto, dietro l’astro nascente Alfredo Binda, al Giro, con sei vittorie di tappa all’attivo, dimostrando di essere in grado di compiere grandi gesti atletici nonostante i suoi trentadue anni.

La svolta in carriera arrivò nel 1926 quando, dopo la quinta vittoria alla Milano-Sanremo, cedette il titolo italiano per professionisti su strada ad Alfredo Binda. Anche nel 1927, nella prima edizione del campionato mondiale, in Germania al Nürburgring, dovette arrendersi di fronte a Binda.

Costante Girardengo si ritirò dall’attività professionistica nel 1936, a 43 anni, con un palmares fatto da 106 corse vinte su strada, di cui due volte il Giro d’Italia (nel 1919 e 1923), sei volte la Milano-Sanremo (nel 1918, 1921, 1923, 1925, 1926 e 1928), tre volte il Giro di Lombardia, tre volte il Giro del Piemonte e cinque volte la Milano-Torino, detenendo inoltre anche il record di vittorie nei campionati italiani su strada con nove successi totali, oltre a 965 conquistate in pista. Sceso dalla sella, prestò il suo nome a una marca di biciclette che arrivò a sostenere una squadra professionistica dove svolse il ruolo di consulente e guida.

Divenne poi Commissario Tecnico della nazionale italiana di ciclismo e in questi panni guidò Gino Bartali al successo nel Tour de France del 1938.

Costante Girardengo morì il 9 febbraio 1978, a ottantaquattro anni di età a Cassano Spinola, in provincia di Alessandria e la sua tomba ancora oggi vede tanti amanti del ciclismo passare a rendere omaggio.

Già nella cultura popolare italiana, la sua storia ha ritrovato vigore attraverso la canzone “Il Bandito e il Campione” di Francesco De Gregori del 1993 che contrapponeva la sua vita a quella del suo amico d’infanzia e grande tifoso, il bandito e fuorilegge Sante Pollastri, con cui ebbe un ultimo fugace incontro in una riunione su pista a Parigi, nel 1932. Una storia che ha ispirato anche un libro e una fiction RAI del 2010 con Beppe Fiorello.