Sambuca Castello

La terra di Sambuca, in provincia di Pistoia, è conosciuta per gli aspetti naturalistici e ambientali delle sue valli, ma anche per le testimonianze di una cultura e di una civiltà montana che risalgono a epoche lontane.

Questa terra di confine fu contesa, da longobardi e bizantini dapprima, dai Signori di Stagno e dal Vescovo di Pistoia poi, dai Comuni cittadini di Pistoia e Bologna, come dimostrano i ruderi della Badia a Taona, il castello di Sambuca, il tracciato della Via Francigena che si snodava per queste valli e l’abitato di Spedaletto, con l’antico hospitium.

Solo recentemente si sono imposte all’attenzione degli archeologi, degli storici o semplicemente degli escursionisti le incisioni rupestri recentemente riscoperte.

Il più noto è un complesso di tre massi di arenaria incisi, situato nel fondovalle della Limentra orientale, presso il casone Al Consiglio, i cui ruderi si trovano una ventina di metri a monte della strada provinciale Pistoia-Riola, a sud del punto in cui dalla suddetta provinciale ha origine una strada asfaltata che conduce al Rifugio Pacini, del CAI di Prato, posto in zona detta La Rasa. Partendo dal bivio si deve seguire la provinciale in direzione nord per circa 250 metri, in corrispondenza a un bosco di conifere a monte della strada poi salire per una ripida traccia, seguire la stessa verso sinistra per circa cento metri, dove la traccia torna scendere ripida verso la strada. Dopo pochi metri si è al Sasso del Consiglio, luogo dove i massi sono pressoché completamente ricoperti d’incisioni di varia tipologia e nel masso principale si possono evidenziare tre fasi incisorie, con i segni a “phi”, motivi antropomorfi, simboli a raggiera o a cerchi di coppelle, motivi geometrici, una con numerosissimi motivi cruciformi, spesso con coppelle all’estremità, e antropomorfi cruciformi e infine i motivi cruciformi e iscrizioni di carattere religioso, in particolare un monogramma di Cristo, di cospicue dimensioni.

Nei pressi del Sasso del Consiglio d’inverno sono visibili i Fumazzi, vapori tiepidi che emergono da fratture della roccia che al freddo condensano rendendosi visibili.

Il Sasso alla Pasqua, situato a 1150 metri di quota, poche decine di metri a monte della strada che collega La Badia a Taona al paese di Torri, all’altezza del punto ove nella stessa s’inserisce il sentiero CAI n. 11 proveniente dalla Forca o Cinque vie, è un complesso di tre massi posti lungo un’antica via di collegamento transappenninico, ancora riconoscibile da questo punto fino alla Badia a Taona.

Sul primo masso o Sasso alla Pasqua si notano le fasi incisorie più arcaiche nell’angolo superiore destro, caratterizzate da segni a phi, da alcune coppelle, da due antropomorfi e da un simbolo sessuale femminile, oltre a una successiva fase con croci a coppelle e ad alcuni cartigli con iniziali e date.

Infine la Tana della Volpe o Buca del Diavolo, grotta originata da un’ampia spaccatura della roccia, che è costituita da potenti banchi di arenaria, si trova in un’area a castagneto sul versante destro della valle della Limentrella, a una quota di 900 metri, non distante dalla strada mulattiera che costituiva, prima del tracciamento dell’attuale strada rotabile, il collegamento fra Treppio e Torri. La cavità dagli abitanti di Torri è conosciuta come Tana o Tana della volpe, con un riscontro nei Catasti granducali del 1665 e 1730, dove è detta Tanarella della Volpa o Tana della Volpe.

Più recente è la denominazione di Buca del Diavolo poiché, secondo la tradizione, un maiale penetrato nella grotta ne sarebbe uscito a grande distanza, a Casa Zoppi secondo alcuni o a Campaldaio secondo altri.

La grotta è percorribile per una quindicina di metri e sulle sue pareti sono visibili numerosissime incisioni di grande complessità e interesse, riferibili a un ampio arco temporale, da epoche molto antiche.