ninni cassara

Un poliziotto che ebbe il coraggio di sfidare la mafia nella Palermo degli anni Ottanta…

Nato a Palermo il 7 maggio 1947, Antonino Cassarà, detto Ninni, entrò molto giovane nella Polizia, rinunciando alla carriera da magistrato.

Era un uomo che amava l’azione, oltre a mettersi in gioco subito, anche se era un pochino impulsivo, ma fu sempre molto bravo e professionale.

Prestò inizialmente servizio a Reggio Calabria, per essere poi trasferito a Trapani e nel 1980 approdò a Palermo, assegnato alla Squadra Mobile.

E’ qui che iniziò la sua lotta contro la mafia, con il commissario Giuseppe Montana e degli uomini del pool antimafia, in particolare di Giovanni Falcone.

Ninni aveva una vera passione per il suo lavoro, al punto che nel 1982 redasse personalmente il rapporto dei 162, nome derivato dal numero dei mafiosi che componevano l’elenco, ed era convinto che per sconfiggere davvero la mafia, le istituzioni dovevano impegnarsi nell’educazione alla legalità, soprattutto con le nuove generazioni e amava andare nelle scuole a parlare con i ragazzi, per indicare loro la giusta via, per allontanarli dal mito mafioso.

Nel 1982 girava per Palermo con l’agente Calogero Zucchetto per indagare sui clan di Cosa nostra e una sera riconobbero i due killer latitanti Pino Greco e Mario Prestifilippo, ma non riuscirono ad arrestarli perché scapparono.

Tra le numerose operazioni cui prese parte, molte delle quali insieme all’amico Montana, ci fu l’operazione Pizza Connection, in collaborazione con le forze di polizia degli Stati Uniti, e in particolare con il futuro sindaco di New York Rudolph Giuliani.

Dopo la morte di Montana, ucciso dalla mafia nel luglio 1985, Cassarà concentrò le sue indagini su alcuni nomi di uomini considerati intoccabili di Palermo, e parlò con sempre più insistenza dei suoi sospetti che all’interno della Questura ci fosse una o addirittura più talpe.

Il 6 agosto 1985 Ninni stava rientrando dalla questura nella sua abitazione in via Croce Rossa, al civico 41, a Palermo a bordo di un’Alfetta, scortato da due agenti e, quando scese dall’auto per arrivare alla sua abitazione, un gruppo di nove uomini armati di fucile AK-47, appostati sulle finestre e sui piani dell’edificio in costruzione di fronte alla sua palazzina, al civico 77, sparò sull’auto.

L’agente Roberto Antiochia, che era uscito dall’auto per aprire lo sportello al suo capo, fu colpito dagli spari e morì, mentre Cassarà spirò sulle scale di casa tra le braccia della moglie Laura, accorsa dopo aver visto l’accaduto insieme alla figlia dal balcone della sua abitazione.

Il 17 febbraio 1995, la Corte D’Assise di Palermo condannò all’ergastolo Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Bernardo Brusca e Francesco Madonia come mandanti del delitto.