parthian army

Nella Roma del I secolo a. C Marco Licinio Crasso era un potentissimo uomo d’affari nonché il punto di equilibrio tra i triumviri Caio Giulio Cesare e Gneo Pompeo Magno.

Quando Cesare iniziò a conquistare territori in Gallia e persino in Britannia, il più vecchio dei triumviri, punto sul vivo, intraprese una spedizione più di carattere personale che strategico per Roma.

La morte del sovrano dei Parti, Fraate III, fornì il pretesto poiché erano in atto le lotte di successione tra i figli Orode e Mitridate, con Crasso in soccorso del secondo.

L’impero partico, che si estendeva dalla Persia alla Media, passando per la Mesopotamia, gettava un’ombra, con la sua potenza, sul governo di Roma nelle province locali confinanti con esso.

Così, nella tarda primavera del 53 a.C. Crasso si avventurò per il deserto siriano allo scopo di sorprendere il comandante dei Parti Surena.

Allo scopo di sferrare un colpo inatteso agli avversari, Crasso si mise in viaggio nel deserto con i suoi 43.000 legionari, ma ad attenderlo c’era la cavalleria dei Parti composta da 9.000 uomini più un migliaio di catafratti.

Ma Surena sembrava non volere una battaglia campale e questo rafforzò in Crasso l’idea che i Parti fossero vigliacchi.

Il 9 giugno Surena accettò battaglia, ma l’esercito romano era completamente sfiancato dal viaggio e dalla calura.

Inizialmente i catafratti dei Parti non riuscirono a infliggere grosse perdite ai legionari, così iniziò una pioggia di frecce che li bersagliò incessantemente.

A un certo punto gli arcieri a cavallo si ritirarono e Publio, il figlio di Crasso, che comandava l’ala sinistra dell’esercito, fece una sortita.

Gli arcieri si allontanarono attirando Publio lontano dalle schiere romane poi accerchiarono i romani e massacrarono tutti, compreso il figlio di Crasso.

Il generale e triumviro, affranto per la disfatta e per la morte del figlio, decise di ritirarsi presso la roccaforte di Carre, in Turchia, lasciando i feriti in mano ai Parti.

Crasso aveva davanti a sé solo due scelte, o restare nella roccaforte attendendo rinforzi o riparare in un luogo sicuro ma Gaio Cassio lo contestò apertamente e andò con diecimila legionari dalla parte opposta scelta da Crasso, che tentò di riparare a nord, nella vicina Armenia, su suggerimento di un alleato, Andromaco.

Le truppe del triumviro furono intercettate da quelle di Surena presso la città di Orfa e lì furono completamente annientate.

Gli unici romani a salvarsi in quella tragica campagna furono quelli comandati da Cassio, mentre Crasso fu catturato dai Parti che pare gli inflissero l’amputazione delle mani prima di versargli oro fuso in bocca, per punire la sua sete di ricchezze.

La sua morte sancì la fine del triumvirato, lasciando Cesare e Pompeo padroni della situazione politica e militare romana, creando i prodromi per la guerra civile che sarebbe scoppiata pochi anni dopo.