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Una storia di fede e coraggio nella Roma del 1943…

Se dopo il 5 settembre 1938 in Italia l’obbligo giuridico era quello di denunciare gli ebrei, i salesiani dell’Istituto Pio XI, nel centro di Roma, decisero di disobbedire per non anteporre nulla alla persona.

Da li parte la storia poco conosciuta dei settanta ragazzi ebrei che furono nascosti a più riprese tra il 1943 e il 1944 tra le mura dell’Istituto.

Un gran numero di ragazzi e giovani ebrei ebbe, per settimane o mesi, alloggio, vitto, lezioni e soprattutto protezione dentro il grande complesso religioso salesiano.

Gli studenti erano circa 200 e all’interno della scuola c’erano diversi corsi e specializzazioni, come calzolai, sarti, falegnami-ebanisti, fabbri-meccanici, tipografi-compositori, impressori, legatori di libri.

Tutto cominciò dopo il rastrellamento del Ghetto del 16 ottobre 1943, mentre mille ebrei romani, tra cui duecento bambini, furono trasferiti ad Auschwitz, l’istituto decise di accogliere alcuni ragazzi ebrei.

Il direttore della scuola, don Francesco Antonioli, annunciò agli studenti l’arrivo dei nuovi ragazzi, chiedendo di non fare domande, ma di accoglierli come tutti gli altri.

Per restare nascosti i giovani ebrei, dovettero immedesimarsi nella vita di un collegio cattolico, partecipando a tutte le attività dell’istituto, comprese quelle religiose, andavano in Chiesa, a messa, imparavano le preghiere, ma non ricevevano i sacramenti.

Aiutare dei ragazzi ebrei per i Salesiani fu un rischio altissimo e in più di un’occasione gli adolescenti si nascosero dentro l’intercapedine della cupola della chiesa nel timore dei controlli tedeschi, che non si verificarono mai.

Il vero problema era sfamare tutti, poiché le tessere le avevano solamente i cattolici, non gli ebrei.

Ai delatori furono offerte ricompense in denaro, ma nessuno tradì o denunciò quei ragazzi.

Non tutti i padri salesiani erano al corrente della presenza dei ragazzi ebrei, poiché l’ospitalità era stata decisa da don Antonioli e dall’economo, don Armando Alessandrini, poi riconosciuti dallo Yad vashem come Giusti tra le Nazioni.

Gli altri sacerdoti ufficialmente non furono informati, ma anni dopo alcuni ammisero di aver intuito l’appartenenza religiosa dei ragazzi.

E quando il rabbino André Zaoui, capitano del contingente francese al seguito degli alleati, gli chiese perche si fosse assunto un rischio tanto alto, don Armando disse “Non abbiamo fatto che il nostro dovere”.