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Il 14 febbraio non è solo il giorno di San Valentino, ma si onora anche il ricordo di due uomini eccezionali…

Era il 31 dicembre 1980 quando Papa Giovanni Paolo II, con la lettera apostolica Egregiae virtutis, fece dei due fratelli Cirillo e Metodio i patroni d’Europa con San Benedetto, poiché furono evangelizzatori dei popoli slavi e quindi della parte orientale del vecchio continente.

Si tratta di due santi che non furono mai canonizzati dai papi, dei quali solo nel 1880 il pontefice Leone XIII aveva esteso il culto alla Chiesa universale.

Originari di Tessalonica, città greca a quel tempo facente parte dell’Impero Bizantino, Cirillo e Metodio erano gli eredi di una nobile famiglia greca, il padre Leone era drungario della città, una posizione che gli dava un elevato status sociale.

In giovane età Cirillo si trasferì a Costantinopoli, ove intraprese gli studi teologici e filosofici e tra i suoi precettori c’era il patriarca Fozio.

La curiosità di Cirillo lo vide studiare astronomia, geometria, retorica e musica, ma fu nel campo della linguistica che poté dar prova del suo genio, parlava infatti correntemente il latino, l’arabo e l’ebraico.

Da Costantinopoli, l’imperatore inviò i due fratelli in varie missioni, anche presso gli Arabi e fu durante la missione presso i Càsari che Cirillo rinvenne le reliquie del papa San Clemente, un Vangelo ed un salterio scritti in lettere russe.

La missione più importante affidata a Cirillo e Metodio fu quella presso le popolazioni slave della Pannonia e della Moravia dopo che il sovrano di quei luoghi, Rostislav, poi venerato come santo, chiese all’imperatore bizantino di inviare missionari nelle sue terre.

Cirillo accettò l’invito e, giunto nella sua nuova terra di missione, incominciò a tradurre brani del Vangelo di Giovanni inventando un nuovo alfabeto, detto glagolitico, oggi noto come alfabeto cirillico.

Nell’867 i due fratelli si recarono a Roma per far ordinare sacerdoti i loro discepoli, il pontefice ordinò prete Metodio e approvò le loro traduzioni della Bibbia e dei testi liturgici in lingua slava. Durante la permanenza nella Città Eterna, Cirillo si ammalò e mori il 14 febbraio 869 e fu sepolto proprio presso la basilica di San Clemente.

Metodio ritornò poi in Moravia, e durante un secondo viaggio a Roma fu consacrato vescovo e assegnato alla sede di Sirmiun.

Quando in Moravia a Rostislav successe il nipote Sventopelk, favorevole alla presenza tedesca nel regno, iniziò la persecuzione dei discepoli di Cirillo e Metodio, visti come portatori di un’eresia.

Lo stesso Metodio fu imprigionato per due anni in Baviera e morì presso Velehrad, nel sud della Moravia, il 6 aprile 885, mentre i suoi discepoli vennero incarcerati o venduti come schiavi a Venezia.

Ma se l’opera dei due fratelli di Tessalonica scomparve in Moravia, trovò fortuna e proseguimento in terra bulgara, anche grazie al favore del sovrano San Boris Michele I, che abbracciò il cristianesimo e ne fece la religione nazionale.

L’attività dei discepoli di Cirillo e Metodio in questo paese diede origine alla letteratura bulgara, ponendo così le basi della cultura scritta dei nuovi grandi stati russi, inoltre il  cirillico avvicinò i bulgari e i popoli slavi al mondo greco-bizantino.

Il nuovo alfabeto si componeva di trentotto lettere, delle quali ben ventiquattro prese dall’alfabeto greco, mentre le altre furono appositamente ideate per la fonetica slava e ciò comportò una grande facilità nel trapiantare in slavo l’enorme tradizione letteraria greca.