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Il liberatore degli ebrei dall’Egitto e l’ideatore della Pasqua ebraica…

La vita di Mosè è narrata nel Pentateuco, cioè il Libro dei Libri, composto dai primi cinque libri della Bibbia, redatti quando, durante la deportazione a Babilonia, il popolo ebraico capì che stava perdendo, poco a poco, l’identità nazionale e religiosa.

L’esilio babilonese avvenne dal 597 a.C, anno della distruzione di Gerusalemme da Nabucodonosor, al 538 a.C., quando Ciro, re di Persia, emanò l’editto che autorizzò gli Ebrei a ritornare in patria ed a ricostruire il Tempio.

In questi cinque libri vennero raccolte le quattro tradizioni orali delle vicende della formazione del popolo di Israele con i Patriarchi e, della nascita di un’identità nazionale, con il Profeta Mosè.

Vissuto nel corso del XIII secolo prima di Cristo, Mosè nacque in Egitto da una donna della tribù di Levi, ma, subito dopo, fu deposto dalla madre in un canestro ed affidato alle acque del Nilo, in modo da sottrarsi al provvedimento che decretava la morte di tutti i neonati maschi degli Ebrei.

In quel periodo il popolo ebraico era in schiavitù in Egitto dove si era rifugiato circa quattrocento anni prima a causa di una lunga carestia che aveva colpito il territorio dove vivevano.

Mentre andava lungo il fiume il canestro con il piccolo fu raccolto dalle ancelle della sorella del faraone, che allevò il bimbo a corte.

Il nome Mosè deriverebbe così dalla radice del verbo ebraico “salvare”, indicando la condizione originaria della sua esistenza, cioè l’essere stato salvato dalle acque.

Quando Mosè , appena diciottenne, seppe la storia della sua nascita, abbandonò la reggia dove viveva come un Principe allo scopo riscattare la sua gente dall’oppressione nella quale viveva, costruendo mattoni per l’edificazione di due nuove città egizie.

Per aver ucciso un sorvegliante egiziano, dovette fuggire nel Deserto di Madian, dove si sposò e visse parecchi anni da pastore di greggi.

Un giorno, mentre Mosè pascolava il gregge di Ietro, suo suocero e sacerdote di Madian, presso il monte Oreb, vide un angelo in mezzo a un roveto che ardeva senza consumarsi.
Questo fu il primo incontro di Mosè con Dio, che, dopo avergli dato una verga miracolosa, gli disse di tornare in Egitto per liberare il suo popolo e portarlo nella Terra Promessa.

Tornato tra gli Egizi, Mosè, con l’aiuto del fratello Aronne ed i prodigi della verga, che fermava i castighi di dio, cercò di convincere il Faraone a lasciare partire gli Ebrei e, al suo rifiuto, il popolo egiziano venne punito con dieci piaghe.

L’ultima delle dieci piaghe fu  la morte dei primogeniti maschi egiziani, che convinse il faraone, a lasciar partire gli Ebrei, risparmiati dalla sciagura grazie a una serie di riti, che comprendevano il pane azzimo e le erbe amare, poi parte della Pasqua ebraica.

Successivamente Mosè aprì con un colpo di verga il Mar Rosso, per condurre gli ebrei lontano dall’Egitto, e li guidò per quaranta anni nel deserto verso la Terra Promessa, come viene raccontano nel Libro dell’Esodo.

Fu anche il protagonista della consegna delle tavole della Legge sul monte Sinai, momento di chiusura per gli Ebrei dell’età dei Patriarchi e di inizio dell’età dei Profeti, e i lunghi anni di peregrinazione nel deserto servirono a Mosè per formare l’identità degli ebrei.

Il grande profeta morì, senza vedere la Terra Promessa, ormai quasi ottantenne, su una collina vicino ai confini di Israele, lasciando il compito di continuare il suo sogno al genero Giosuè.