Nicolo Tommaseo

Non tutti sanno che il dalmata Niccolò Tommaseo, uno dei protagonisti della letteratura italiana del primo Ottocento, negli ultimi anni della sua vita, ormai cieco, amava passare le estati sul Lago Maggiore, dove molti dei suoi amici, come Manzoni, che vi possedeva una villa estiva, e il filosofo Antonio Rosmini, che viveva in un convento a Stresa.

Nato a Sebenico, in Dalmazia, il 9 ottobre 1802, in un mondo dove si erano avvicendate le dominazioni veneziana, francese e asburgica, Tommaseo nel corso della sua infanzia maturò un profondo interesse per le culture popolari balcaniche, come quelle illiriche e neogreche.

La sua educazione, continuata a Spalato, era di carattere umanistico, ma venne improntata dai maestri Scolopi a saldi principi religiosi.

Dopo essersi laureato in legge nel 1822, lo scrittore visse per alcuni anni fra Padova e Milano collaborando come giornalista e saggista, venendo in contatto con i personaggi più noti del mondo intellettuale cattolico di allora, come Manzoni e Rosmini.

Trasferitosi a Firenze nell’autunno 1827, poco tempo dopo ad aver iniziato a lavorare all’Antologia di Giovan Pietro Vieusseux, Tommaseo incontrò Capponi diventando una delle punte di diamante dell’Antologia e nel 1830 diede alle stampe la prima parte del Nuovo Dizionario de’ Sinonimi della lingua italiana.

Ma le proteste del governo austriaco, per un articolo in favore della rivoluzione greca, portarono lo scrittore a fuggire a Parigi, purtroppo tutto questo come conseguenza portò alla chiusura della rivista.

Verso il 1831 Tommaseo cominciò a interessarsi di poesia, spinto in parte dai Canti leopardiani, che erano stati pubblicati con le sue opere nel Nuovo Raccoglitore.

Durante gli anni parigini, lo scrittore pubblicò l’opera politica Dell’Italia (1835), i versi di Confessioni (1836), una risposta ai Canti di Leopardi, il romanzo storico Il Duca di Atene (1837), il Commento alla Divina Commedia (1837) e le Memorie Poetiche (1838).

Da Parigi Tommaseo si trasferì in Corsica dove, grazie al magistrato e letterato bastiese Salvatore Viale, approfondì i suoi studi d’italianistica, con una grande raccolta della tradizione orale corsa, che vedeva come il più puro dei dialetti italiani.

In seguito lo scrittore si stabilì a Venezia dove lavorò alle prime due stesure del romanzo Fede e bellezza, il suo capolavoro, considerato il primo romanzo psicologico.

Il romanzo parte nel 1836 quando Giovanni, esule in Francia, conosce a Quimper, in Bretagna, Maria e se ne innamora. La ragazza gli racconta la sua vita come orfana, tra l’infanzia in Italia, il trasferimento ad Ajaccio in Corsica presso una zia, l’ambigua signora Blandin, che la spinge a trasferirsi a Parigi, due relazioni sentimentali fallite, oltre a un matrimonio andato a monte.

Subito dopo è Giovanni a raccontare a Maria, con un diario, alcuni episodi della sua vita, tra il 1831 e il 1836, tra studi, amicizie, amori, aspirazioni e delusioni.

Dopo essersi dichiarati il loro amore durante una gita sul fiume Odet, i due protagonisti si separano, per mettere alla prova il loro legame.

Non mancano i problemi ma, grazie all’amica comune dei due ragazzi Rosa, si chiariscono  malintesi e incertezze e Giovanni e Maria si uniscono in  matrimonio.

Subito dopo però Maria si reca in Corsica, mentre Giovanni viene trattenuto in Francia e più tardi la raggiunge nell’isola.

In seguito i due sposi partono per Nantes, dove Giovanni dirige un collegio che ben presto fallisce, mentre Maria manifesta i primi sintomi della tisi.

Nell’epilogo, per difendere l’onore dell’Italia, Giovanni ha un duello con un francese e rischia di morire.

Maria lo cura, ma purtroppo la tisi che l’affligge si aggrava sempre più, sino alla morte, accettata con cristiana rassegnazione.

Negli stessi anni venne pubblicata la raccolta dei Canti popolari toscani, corsi, illirici e greci (1841-42), una pietra miliare nelle raccolte di poesia popolare ottocentesche, e le Scintille (1842), esempio del cosmopolitismo culturale dell’epoca.

Ma nel 1847 lo scrittore finì di nuovo nel mirino della polizia asburgica, infatti fu arrestato per alcune dichiarazioni sulla libertà di stampa, ma liberato il 17 marzo 1848, con Daniele Manin, durante l’insurrezione di Venezia contro gli austriaci.

Dopo la proclamazione della Repubblica di San Marco, Tommaseo ebbe il maggior numero di voti dopo Manin e prima di Giacomo Treves dei Bonfili, e ottenne una serie di importanti cariche nel nuovo Stato e, dopo la caduta del governo,  venne esiliato a Corfù , dove si ammalò agli occhi, ma ebbe il tempo di scrivere vari saggi, come Rome et le monde, dove dichiarava la necessità della rinuncia della Chiesa cattolica al potere temporale.

Nel 1854, ormai cieco, lo scrittore si trasferì a Torino, poi nel 1859 a Firenze, dove rimase fino alla morte, collaborò alla rivista periodica L’Imparziale Fiorentino, fondata nel 1857 da Michele Luci,  figlio del principe Poniatowski, mentre crebbe la sua opposizione all‘Italia dei Savoia, al punto di rifiutare i riconoscimenti ufficiali, come la nomina a Senatore del Regno.

Oltre a molti saggi, edizioni critiche e poesie, negli ultimi anni Tommaseo lavorò al Dizionario della lingua italiana, composto da otto volumi, che però fu completato solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1874 a Firenze.