Un circuito dalla storia davvero singolare…
La 500 Miglia di Indianapolis nacque ufficialmente il 30 maggio 1911, quando si disputò la prima corsa sulla Indianapolis Motor Speedway realizzata nel 1909, su un totale di 200 giri e il vincitore era Ray Harroun, alla guida di una Marmon Wasp, che si aggiudicò il montepremi di 27.550 dollari. A partire dall’anno successivo, viene stabilito il numero di piloti alla partenza, che divenne 33 e, nelle edizioni seguenti, l’attenzione da parte del pubblico divenne costante, e anche marchi europei come Peugeot, Fiat e Mercedes vi presero parte, fu la Mercedes, per esempio, a vincere nel 1913, nel 1916 e nel 1919.
Negli anni Venti furono i marchi e i piloti statunitensi a ritornare in auge, mentre nel 1938 il proprietario dell’autodromo Tony Hulman diede il via ai lavori di asfaltatura del circuito, fino a quel momento realizzato in porfido.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, periodo in cui la corsa fu sospesa, come già era accaduto per la Grande Guerra, tra gli anni Cinquanta e Sessanta la 500 Miglia di Indianapolis fu considerata valida come gara per il Mondiale di Formula 1, allo scopo di avvicinare due tra le competizioni automobilistiche più importanti al mondo, ma il tentativo fu fallimentare, e dal 1960 in poi venne abbandonato.
Gli europei, in quel periodo, preferirono non prendere parte alla gara, anche per motivi economici. Tra i pochi a provarci ci fu Alberto Ascari, a bordo di una Ferrari 375 F1 modificata e nel 1961 toccò a Jack Brabham, guidando una Cooper da F1 modificata.
L’arrivo della Lotus di Chapman cambiò i piani, con l’introduzione del motore posteriore e del telaio monoscocca in anni dove alla corsa c’erano futuri campioni di Formula 1, come Jim Clark, vincitore nel 1965, e di Graham Hill, che trionfò l’anno successivo con la sua Lola-Ford, ma anche di Jackie Stewart, che sempre nel 1966 fu eletto Matricola dell’Anno.
Negli anni Settanta, Indianapolis divenne territorio di conquista per gli inglesi, tra Lola, McLaren e March, che vinse cinque edizioni consecutive tra il 1983 e il 1987.
Dopo aver visto il debutto di Porsche, nel 1989 e nel 1990, il circuito americano accolse addirittura, nei primi anni Novanta, l’Alfa Romeo, ma l’avventura della casa italiana fu un flop.
Tra il 1995 e il 2010 furono solo quattro i piloti americani a tagliare per primi il traguardo, mentre ci furono gli esordi del Giappone (l’ex Formula 1 Takuma Sato), il Belgio (Bertrand Baguette), il Sudafrica (Tomas Scheckter) o la Svizzera (Simona De Silvestro).
La 500 miglia di Indianapolis si svolge in occasione del Memorial Day, cioè l’ultimo lunedì di maggio, in occasione del quale gli Stati Uniti commemorano i caduti in guerra, ma le prove libere durano per l’intero mese.
Lo svolgimento della gara prevede che le vetture prendano il via con la partenza lanciata, che si verifica con tre macchine disposte in fila per undici file e la bandiera a scacchi viene sventolata dopo duecento giri, che corrispondono a 500 miglia .
Tra le varie tradizioni dell’evento, si ricordano il colpo di cannone che annuncia, alle sei della domenica mattina, l’apertura dello speedway, e il Last row party, la festa organizzata il venerdì prima della corsa che intende celebrare gli ultimi tre qualificati.
Al termine della competizione, la vettura e il pilota che hanno vinto entrano nella Victory Lane e al driver viene passata immediatamente una bottiglia di latte, una tradizione iniziata dal 1936 quando Louis Meyer dopo aver vinto fu immortalato dai fotografi con in mano una bottiglia di latte intero ghiacciato.