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Era un assolato pomeriggio dell’agosto 1988, le città semivuote, ai Tg immagini di spiagge affollate  e vallate verdi: in quell’atmosfera una notizia scosse l’Italia e non solo.

Enzo Ferrari, l’italiano più conosciuto al mondo se n’era andato nella sua Maranello, in silenzio e con la discrezione che aveva contraddistinto la sua vita privata.

Sotto una fitta nevicata, il 18 febbraio 1898 nacque a Modena Enzo Ferrari,  l’uomo che creò la Ferrari e ne avrebbe fatto il nome italiano più conosciuto nel mondo.

Figlio secondogenito del proprietario di un’officina meccanica, il giovane Enzo inizialmente non era molto interessato al mondo delle macchine, tanto che nel 1914 cominciò a lavorare come corrispondente da Modena per la Gazzetta dello Sport.

Ma, prima la morte del padre per una polmonite e poi quella del fratello Alfredo, costrinsero Ferrari, che era stato congedato dall’esercito a causa di una pleurite, a prendere le redini dell’attività di famiglia.

La sua prima auto fu una Diatto 3000cc che era stata del padre.

Con la fine della prima guerra mondiale si aprirono nuove prospettive per Enzo, che dapprima cercò  lavoro presso la Fiat, senza successo, e infine nel 1919 iniziò a lavorare per una piccola officina milanese, la CMN,  dapprima da collaudatore e poi come pilota di auto da corsa in gare importanti, come la X Targa Florio, ma senza molto successo.

 Nel 1920 Ferrari entrò a far parte della scuderia Alfa Romeo e iniziò una collaborazione ventennale con la casa del Biscione in cui avrebbe ricoperto gli incarichi di collaudatore, pilota e persino di direttore del reparto Alfa Corse.

Ed è in questo periodo che nel 1923 Enzo incontrò, dopo una corsa al Circuito del Savio, la contessa Paolina Baracca, la madre di Francesco, il leggendario pilota dell’Aviazione Italiana caduto in combattimento durante la prima guerra mondiale, che gli donò il cavallino rampante simbolo del figlio con queste parole “Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante di mio figlio, le porterà fortuna” e il giovane pilota avrebbe mantenuto quella promessa.

Quando  l’Alfa Romeo nel 1937 si ritirò dal mondo delle corse Ferrari creò l’Auto Avio Costruzioni (AAC) a Modena, che nel 1943 si trasferì nella sua sede definitiva a Maranello e pochi anni dopo, nel 1947, diverrà la Scuderia Ferrari, ancora oggi considerata la più prestigiosa casa automobilistica di auto da corsa.

Gli anni Cinquanta sono per Enzo ricchi di “le mie gioie terribili” come amava definirle lui stesso, con quattro campionanti del mondo in Formula 1, sette Mille Miglia, due Le Mans e cinque mondiali Endurance.

Ma ci furono anche  grandissime tragedie con la morte di piloti dal calibro di Alberto Ascari a Monza durante un giro di prova, Peter Collins, Luigi Musso, Eugenio Castelotti e Alfonso de Portago, che porterà alla fine della Mille Miglia.

La più grande tragedia personale  di Ferrari fu la morte del figlio Dino, che spirò a soli 24 anni il 30 giugno 1956 dopo una breve ma intensa carriera di ingegnere meccanico per l’azienda paterna.

Suo il progetto della famosa Dino Ferrari.

Con gli inizi degli anni Sessanta Enzo se la dovette vedere con il colosso americano Ford, deciso a ottenere quote della proprietà della Ferrari, offerta che il Drake rifiutò, ma poi, alla fine del 1969 si accordò con Gianni Agnelli, a cui cedette la maggioranza della azioni dell’azienda, pur mantenendo in prima persona  il controllo e la completa gestione dell’attività sportiva.

Anche in questo periodo le corse diedero grandissime soddisfazioni al Drake, con due titoli mondiali della F1, ma piloti come Lorenzo Bandini e Wolfgang Von Trips persero la vita proprio alla guida di auto della casa di Maranello.

Gli anni Settanta furono una svolta per la Ferrari che decise di concentrarsi sulle monoposto, sforzo che venne ripagato da ben tre titoli mondiali nella F1, ottenuti con Niki Lauda e Jody Scheckter.

Ma nel cuore di Ferrari era entrato un giovane pilota, Gilles Villeneuve, che riuscì a stringere una forte amicizia con il Drake, noto per il suo carattere scontroso e chiuso.

Nel 1982 Gilles morì durante le prove del gran premio del Belgio a Zolder e qualcosa si ruppe nell’anima di Enzo, che commentò la sua scomparsa così “io gli volevo bene”  e che non si riprenderà mai più da questa tragedia.

Ormai vecchio e malato, il 4 giugno 1988 Ferrari ricevette una delle sue ultime soddisfazioni, Giovanni Paolo II  visitò Maranello e compì un giro della pista di Floriano per i prototipi su una Ferrari Mondial.

Nel caldo pomeriggio del 14 agosto di quello stesso anno, Ferrari si spense all’età di quasi novant’anni.

Lo spirito della Ferrari e del suo Cavallino non è morto con lui, ma continua a vivere nella sua azienda e in tutti  i piloti  che hanno continuato a mantenere viva la sua leggenda ancora oggi.