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Scrittore, traduttore e grande conoscitore del fantasy, Davide Mana, di Torino e che ora vive in provincia di Asti, per me non è solo un nome, è anche un caro amico.

Ho conosciuto Davide nel 2009, quando ho scoperto il suo blog Strategie Evolutive, che per me è stato l’inizio di un lungo viaggio nel mondo del fantastico di ieri e oggi, con autori spesso inediti in italiano.

Ora, dopo pubblicazioni in case editrici minori e ebook, Davide ha fatto il suo debutto come traduttore nella prestigiosa collana del Draghi Mondadori, con le traduzioni delle ultime storie inedite di Kane, l’antieroe fantasy creato da Karl Edward Wagner.

In questa chiacchierata gli ho questo qualcosa sul suo lavoro, sull’arte della traduzione e su come un personaggio come Kane possa dire qualcosa al fantasy del terzo millennio…

 

Davide, Come ti definiresti?

Il curriculum al momento dice scrittore e traduttore. Per formazione, sono un geologo e paleontologo, e per alcuni anni ho lavorato in questi ambiti accademici. Ma ormai da qualche anno scrivere e tradurre è ciò che mi paga i conti. Articoli e traduzioni compaiono prevalentemente sul mercato italiano, mentre ormai da qualche anno la mia narrativa compare quasi esclusivamente sul mercato di lingua inglese.

 

Perché uno scrittore decide di tradurre un collega?

La traduzione è una forma di scrittura – se si traduce narrativa è necessario non solo tradurre il significato delle parole e delle frasi, ma anche cercare di trasmettere al lettore ciò che l’autore ha voluto mettere nella propria storia. Non è facile.

Per ciò che riguarda i lavori di Karl Edward Wagner appena tradotti, è anche stata una scelta dettata dalla mia storia personale – ho conosciuto le storie di Wagner quasi quarant’anni or sono, e poter tradurre uno dei miei autori preferiti è stata un’opportunità alla quale non avrei rinunciato per nulla al mondo.

Quali sono le strade per cui sei arrivato all’arte della traduzione?

Ho cominciato molto giovane a leggere in inglese – per il semplice fatto che molte delle cose che volevo leggere non erano state tradotte, o non si trovavano più nella nostra lingua (K.E. Wagner è un classico esempio). Più tardi, all’università, ho cominciato a farne un lavoro, traducendo gli articoli accademici dei colleghi. E quando i tempi si sono fatti difficili, la capacità di tradurre è servita a tenersi a galla – ho tradotto articoli scientifici e contratti commerciali, racconti e giochi.

 

Ci sono degli autori che hanno influenzato il tuo modo di tradurre?

Probabilmente Samuel R. Delany, con la sua raccolta di saggi The Jewel-Hinged Jaw, in cui affronta il tema del linguaggio nella letteratura fantastica. È certo il primo libro che io abbia letto che mi abbia portato a pensare alle specifiche scelte linguistiche dei singoli autori. E poi ho tradotto, spesso per puro divertimento (lo so, sono strano), autori che mi piacevano (e mi piacciono tutt’ora), come Michael Moorcock, o Tanith Lee. La scusa era quella di poter far leggere agli amici delle storie che amavo, ma che non si trovavano nella nostra lingua. È stata una buona palestra.

 

Non ti viene mi la tentazione, essendo di base uno scrittore, di aggiungere qualcosa?

No. Casomai viene voglia di togliere qualcosa, perché le convenzioni della narrativa cambiano, tra l’italiano e l’inglese. Alla fine è sempre questione di scegliere la combinazione di parole che meglio trasmette ciò che l’autore voleva che il lettore provasse, in quello specifico punto nella storia.

 

Come hai conosciuto Massimo Scorsone?

Io e Massimo ci conosciamo da qualcosa come quarant’anni e spiccioli. Entrambi frequentavamo, a Torino e negli anni ‘80, la libreria Sevagram, che era gestita da Riccardo Valla, un eccellente traduttore e critico del genere fantastico (e non solo). La nostra amicizia è nata lì, sulle pagine di storie di autori che ancora oggi leggiamo con piacere – incluso certamente Karl Edward Wagner (i cui romanzi, tradotti da Riccardo Valla, formano la spina dorsale del nuovo volume uscito da Mondadori). L’idea di mettere mano ad una edizione completa dei lavori di Wagner, con Massimo Scorsone, è probabilmente nata da qualche parte a metà degli anni ‘80, mentre da ragazzi chiacchieravamo fra gli scaffali della libreria Sevagram. Ce la siamo presa comoda, ma alla fine ci siamo riusciti.

 

Tradurre Kane di Karl Edward Wagner è qualcosa di unico, data la sua importanza nel mondo del fantasy moderno, quali difficoltà hai incontrato?

Karl Edward Wagner era un autore ingannevolmente “facile”. Le sue storie sono ricche d’azione e di avventura, ma Wagner era anche un intellettuale raffinato. Nelle storie di Kane, da una parte Wagner riprende lo stile irruento di Robert E. Howard, aggiornandolo a toni più moderni, ma si diverte a infilare a sorpresa citazioni dai classici, riferimenti alla mitologia ed al folklore, e anche un certo ritmo che risale direttamente alla Bibbia di Re Giacomo. Nel tradurlo, è importante riconoscere questi riferimenti per poterli rendere al lettore, senza tuttavia lasciarsi intrappolare dal gioco dell’autore col rischio di perdere l’incisività del linguaggio.

 

Ritieni che Edward Wagner sia un autore che possa parlare anche al fantasy del terzo millennio?

Credo che l’opera di Wagner sia invecchiata molto bene. Non solo le storie sono avvincenti e appassionanti, ma la qualità della scrittura le renda una lettura imprescindibile per chiunque voglia sapere da dove arriva il genere che chiamiamo “fantasy”, e quali potenzialità abbia, al di là dei facili pregiudizi. Karl Edward Wagner è un autore che ha fatto la storia del fantastico – non solo come autore, ma anche come curatore di antologie e come storico del genere. È criminale che troppi lo abbiano dimenticato.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri, tra saggi, romanzi, racconti e traduzioni?

Al momento sto lavorando a due nuove traduzioni (delle quali non posso tuttavia rivelare i dettagli), ho appena consegnato un mio romanzo ad un editore italiano (e speriamo che gli piaccia) e sto completando la proposta finale per un nuovo romanzo al mio editore inglese. Salvo incidenti comincerò a scrivere il nuovo romanzo a partire da novembre, con una ipotetica data di pubblicazione per l’estate dell’anno venturo. E poi c’è sempre un certo numero di storie in vario stato di sviluppo, che spero troveranno un editore una volta finite.

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