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Lo scrittore che raccontò alla fine dell’Ottocento il mondo fiabesco del Montalese…

Gherardo Nerucci nacque il 18 maggio 1828 a Pistoia da Ferdinando Nerucci, un funzionario di dogana,  ed Elisabetta Nicolini, e era molto legato al fratello minore, Neruccio.

Nel 1844 iniziò a studiare Diritto civile, Diritto canonico e Diritto Criminale all’Università di Pisa e si interessò al mondo greco e agli ideali risorgimentali, al punto che fondò una società letteraria e nel 1848 partì con il Battaglione di guerra universitario per la spedizione di battaglia di Curtatone e Montanara.

Gherardo nel 1849 conseguì la laurea e iniziò la pratica di avvocato a Roma, dove entrò in contatto con personalità della storia del folclore italiano dell’Ottocento, come  Domenico Comparetti.

Dal 1851 iniziò a collaborare a varie riviste e si dedicò alle prime ricerche sul folclore, divenne insegnante nel Ginnasio di Pistoia e nella scuola da lui promossa a Montale.

Lo scrittore nel 1871 sposò l’inglese Fanny Carolina Chambers e dal 1873 lasciò l’insegnamento, ritirandosi nella tranquillità della sua villa di Montale, in compagnia dei suoi studi folcloristici.

Nel 1875 il figlio maggiore Ratcilf, di tre anni, morì di difterite e negli anni successivi Nerucci si mantenne in contatto con Vittorio Imbriani, Domenico Comparetti e Giuseppe Pitrè.

Dopo la morte del secondo figlio, sempre per malattia, lo scrittore  si isolò ulteriormente nella sua  villa a Montale, dove morì il 30 dicembre 1906.

Buon conoscitore del greco antico e moderno,  Nerucci contribuì agli studi filologici divulgando i lavori di Domenico  Comparetti e partecipando direttamente, con traduzioni e commenti, al progetto editoriale di una collana di classici latini e greci, che doveva uscire per i tipi dell’editrice Aldina di Prato e che ebbe proprio nella villa di Montale il suo massimo centro organizzativo.

In campo letterario, a parte una breve produzione poetica, Nerucci scrisse due opere satiriche, La cometa e il sogno di Bronte Ciclope e L’uomo alla moda, un’operetta che metteva in caricatura il bel mondo della nobiltà dell’epoca.

Ma la sua vena narrativa si espresse nelle novelle popolari, che raccolse per conto di Comparetti e D’Ancona, ma che ben presto divennero, accantonate le rigide regole della raccolta filologica, un orginale contributo letterario nel quale il ruolo del trascrittore si confonde con quello del novelliere, dato che , come dice il proverbio citato da Nerucci nella prefazione della sua raccolta, “La novella nun è bella, se sopra nun ci si rappella”.

Così Nerucci legò il suo nome a quello di Montale con le Sessanta novelle popolari montalesi, dove raccolse i racconti popolari del paese dove visse per oltre quarant’anni, dal 1861, quando andò ad abitare poco più che trentenne, fino alla morte.

Alla conservazione della tradizione folklorica di Montale Nerucci dedicò diversi scritti, dal Saggio di uno studio sopra i parlari vernacoli in Toscana alle Cincelle per bambini che contengono in appendice un Vocabolario del vernacolo montalese, fino ad una serie di scritti brevi su personaggi, giochi, usanze e credenze locali.