Il MASI di Lugano per la partenza della stagione autunnale col botto propone la mostra Luigi Ghirri. Viaggi, Fotografie 1970-1991, una delle più grandi retrospettive dell’artista, visitabile fino al 26 gennaio 2025.
La mostra è curata da James Lingwood, co-fondatore insieme a Michael Morris di Artangel, associazione culturale londinese che produce progetti d’artista tramite finanziamenti pubblici e privati.
La selezione delle opere al MASI comprende 140 fotografie a colori, provenienti dagli eredi di Luigi Ghirri e dalla collezione dello CSAC di Parma, che includono sia gli scatti più noti che quelli meno conosciuti, alternando novità e familiarità.
Uno dei più importanti fotografi italiani degli anni Settanta, Luigi Ghirri (Scandiano, 1943 – Reggio Emilia, 1992) iniziò a dedicarsi seriamente alla fotografia all’età di ventisette anni, dopo aver lavorato come geometra nella provincia di Reggio Emilia.
Il viaggio è sempre stato un tema centrale nelle opere di Ghirri, dove immortalava paesaggi delle sue avventure o di vacanze in famiglia e la mostra restituisce la necessità quasi spasmodica dell’artista di ritrarre i luoghi che hanno fatto parte della sua vita, rendendo partecipi anche gli spettatori delle due grandi passioni.
Fin dagli esordi, Ghirri prese la decisione di lavorare esclusivamente a colori perchè “il mondo reale non è in bianco e nero” con foto semplici, talvolta malinconiche, come è la vita, dove la figura umana è marginale se non addirittura assente.
La mostra si apre con la sezione intitolata Paesaggi di cartone: la serie ideata dall’artista per la prima volta nel 1973 che si ampliò in un progetto chiamato Kodachrome.
Di grande interesse è anche la sezione Viaggi in casa, infatti Ghirri scattò la maggior parte delle sue fotografie durante i suoi viaggi, ma nel 1973 ingrandì con un obiettivo macro, singole pagine del suo atlante, catturando dettagli di deserti, oceani e catene montuose, ideando Atlante e tre anni dopo realizzò invece Identikit, fotografando libri, dischi, mappe e souvenir che aveva in casa.
Il pubblico è invitato a ripercorrere la mostra a ritroso e a stabilire liberamente connessioni tra pensieri e immagini così come spontanei collegamenti tra le varie fotografie, per rendere la visita svincolata da rigide impostazioni prestabilite, così come lo stesso Ghirri concepiva la fotografia.
Degno di nota è il display che la curatela del MASI ha deciso di adottare, infatti tutte le fotografie sono circondate da larghi bordi bianchi, che conferiscono all’immagine l’impressione di trovarsi su una pagina di catalogo, come se le foto facessero parte di una raccolta.
Questa scelta non è casuale, infatti Ghirri aveva utilizzato lo stesso display espositivo per presentare dei suoi scatti, alcuni dei quali presenti in mostra e firmati dall’artista.
Lingwood ha optato per uniformare il layout, conferendo omogeneità alla mostra e mantenendo allo stesso tempo la scelta espositiva dell’artista, impossibile da non considerare.