
A Venezia fino al 23 marzo è da non perdere la mostra Roberto Matta 1911-200 a Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna, dedicata all’artista cileno che fu autore poliedrico, fervido pittore e disegnatore, architetto e scultore.
Si tratta di una mostra che intende restituire la personalità artistica di Matta, la sua esplorazione e l’espressione di una straordinaria gamma di idee e modalità di conoscenze, scientifica, culturale e filosofica.
La mostra si apre con un’opera monumentale, oltre 10 metri di lunghezza, degli anni Settanta, Coïgitum (1972), che esprime la natura di instancabile sperimentatore dello spazio di Matta.
Si entra nel mondo dell’artista con un’opera che unisce l’immaginario surrealista alla costruzione architettonica e allo sfondamento non – Euclideo dello spazio, dove si mescolano le atmosfere siderali dei videogiochi e quelle della Street art.
Il percorso espositivo si svolge secondo una cronologia rigorosa, ma non rigida tra le diverse anime di Matta, tra dipinti monumentali e sculture, con una foresta di totem di animali, figure mitologiche, sedute troneggianti, archetipi dagli echi mediterranei e delle civiltà precolombiane, che invadono l’ingresso, la corte, l’androne del Museo.
Accanto ci sono oggetti di design contemporanei, come il sistema di sedute Malitte: una composizione modulare di cinque blocchi, oggi prodotta da Paradisoterrestre e a disposizione del pubblico della mostra, oltre ad oggetti e sculture in vetro, figlie della straordinaria esperienza veneziana della Fucina degli Angeli.
C’è anche il Roberto Matta in cu arte e politica si fondono a partire dal dopoguerra, sull’onda delle atrocità e nel ricordo di Federico García Lorca, a cui era profondamente legato, ucciso dai franchisti.
Della rivoluzione cubana Matta visse con intensità la prima stagione, quando sull’isola si radunarono gli artisti europei e latinoamericani, colmi di speranze.
Tra le opere più significative esposte a Ca’ Pesaro vi sono l’intensa La Question, 1958, che richiama la questione della Guerra d’Algeria, la monumentale La Chasse aux adolescents, grande tela che evoca la rivoluzione del maggio francese del 1968 e l’intensa El Burundu Burunda ha muerto del 1975 che affronta il tema della guerra civile colombiana degli anni Cinquanta.
Dell’artista resta anche la sua sensibilità alle tematiche ecologiche, espresse nei soggetti e fino all’applicazione pratica degli allestimenti, realizzati senza cornici, usando basi di recupero, oggi diremo, concepite secondo un’ottica di sostenibilità.
L’esposizione è a cura di Norman Rosenthal, Dawn Ades, Elisabetta Barisoni con la collaborazione di Archivio Matta.