Piero della Francesca SantAgata Polittico di SantAntonio 1460 particolare Galleria Nazionale dellUmbria

Il 4 febbraio cade la memoria di Sant’Agata  che, secondo la tradizione, era una giovane vissuta tra il III e il IV secolo, durante il proconsolato di Quinziano.

Secondo la leggenda, Agata era cresciuta in una famiglia nobile quando, nel periodo fra il 250 e il 251 d. C,  il proconsole Quinziano venne a Catania con l’intento di far rispettare l’editto dell’imperatore Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di negare pubblicamente la loro fede e s’innamorò della giovane.

Saputo della consacrazione di Agata al cristianesimo il proconsole  le ordinò, senza successo, di ripudiare la sua fede e di adorare gli Dei pagani e, fallito il tentativo di corromperne i princìpi, convocò la giovane al palazzo pretorio.

Agata venne torturata, ma nella notte venne visitata da San Pietro che la rassicurò e ne curò le ferite. Infine la giovane fu sottoposta al supplizio dei carboni ardenti e la notte del 5 febbraio 251 morì nella sua cella.

Le sacre reliquie della martire catanese, sono custodite nella Cattedrale di Catania, celata fedeli fino al giorno della festa, che si svolge dal 3 al 5 febbraio.

Già dalle settimane precedenti le candelore, cioè dei grossi ceri che rappresentano le corporazioni o i mestieri, vengono portate in corteo in giro per Catania.

La mattina del 3 febbraio, un corteo porta dalla Cattedrale alla Chiesa di San Biagio in processione le due carrozze del senato e la serata si conclude con uno spettacolo di giochi pirotecnici in piazza Duomo.

Il 4 febbraio dalle prime ore dell’alba le strade della città si popolano dei devoti che indossano il tradizionale sacco, cioè un camice votivo di tela bianca lungo fino alla caviglia e stretto in vita da un cordoncino,  un berretto di velluto nero, guanti bianchi e sventolano un fazzoletto anch’esso bianco.

Adornato di oro e di gemme preziose, il busto di sant’Agata viene poi  issato sul fercolo d’argento rinascimentale, foderato di velluto rosso, il colore del sangue del martirio.

Prima di lasciare la cattedrale per la processione lungo le vie della città, Catania dà il benvenuto alla sua patrona con la solenne  Messa dell’ Aurora, poi il  fercolo viene caricato del prezioso scrigno con le reliquie e portato in giro per l’intera giornata.

Il fercolo attraversa i luoghi del martirio e ripercorre le vicende della storia della santa, tutti rigorosamente il sacco votivo e a piccoli passi, tra la folla, trascinano il fercolo che, vuoto, pesa 17 quintali, ma, appesantito di Scrigno, Busto e carico di cera, arriva fino a 30 quintali.

Sul fercolo del 5 febbraio, i garofani rossi del giorno precedente, simbolo del martirio, vengono sostituiti da quelli bianchi, che rappresentano la purezza.

Il momento più atteso è il passaggio per la via di San Giuliano, che per la pendenza è il punto più pericoloso mentre all’alba, in via Crociferi, migliaia di cittadini in camice bianco sfidano il freddo della notte, gridando “Cittadini Viva Sant’Agata“ poi si eleva il canto delle monache di clausura.

La festa si conclude con il rientro di Sant’Agata al Duomo.

A Catania sono preparati per la ricorrenza alcuni dolci che hanno un riferimento a sant’Agata, come i cassateddi di Sant’Agata e le olivette, che riferiscono alla leggenda che la santa, inseguita dagli uomini di Quinziano e giunta nei pressi del palazzo pretorio, si fosse fermata a riposare un istante, li un ulivo comparve dal nulla e la giovinetta potè ripararsi e cibarsi dei suoi frutti.