Una donna libera da ogni convenzione sociale…

Isabelle Eberhardt nacque a Ginevra nel 1877, da Nathalie Eberhardt Moerder, vedova di un generale russo, e da Alexandre Trophimowsky, e crebbe in un ambiente familiare ricco principi libertari e laici.

Trophimowsky, ex prete ortodosso e anarchico, aveva una cultura molto vasta,  insegnò ai figli di Nathalie tutto quello che c’era da apprendere e Isabelle amava i libri e parlava diverse lingue, infatti da sola studiò il turco e l’arabo, oltre ad intrattenere una corrispondenza con studiosi di cultura araba residenti in Francia, Egitto e Medio Oriente e diventare un’esperta del Corano.

La giovane, con lo pseudonimo di Nicolas Podolinsky esordì, nel 1895, su Nouvelle Revue Moderne con il racconto Infernalia e con il saggio Visione del Moghreb, inoltre amava indossare abiti da uomo, per fare ciò che le sarebbe stato precluso in quanto donna.

Nel maggio 1897 Isabelle si trasferì con la madre a Bona, in Algeria, dove il fratello Augustine, a cui era molto legata, s’era arruolato nella Legione straniera.

Le due donne si convertirono all’Islam ma Nathalie morì a distanza di pochi mesi dall’arrivo a Bona e la figlia, in preda allo sconforto, tornò a Ginevra con Trophimowsky.

Quando il padre morì, nel 1899, Isabelle ripartì alla volta del Nordafrica, diretta a Tunisi, ed  esplorò il Sahara, il Souf algerino e il Sahel tunisino.

L’anno successivo viaggiò tra Parigi e Ginevra e, in un soggiorno a El Oued, incontrò Slimène Ehnni, un sottufficiale algerino musulmano di nazionalità francese del quale si innamorò ed entrò a far parte della più antica confraternita mistica del mondo islamico, la Quadiryya.

Le autorità francesi non vedevano di buon occhio Isabelle, che aveva nemici sia tra i francesi sia tra gli arabi.

Il 29 gennaio 1901 la giovane venne accoltellata da un membro di un’altra confraternita e, dopo un mese di ospedale,  si mise in cammino per raggiungere Batna.

In seguito al processo che condannò il suo assalitore al carcere, le autorità francesi espulsero Isabelle dall’Algeria e la ragazza si trasferì a Marsiglia, dove cercò di racimolare denaro vendendo i suoi scritti.

Slimène, che nel frattempo era stato ricoverato in ospedale a causa della tubercolose,  la raggiunse nell’ottobre del 1901.

I due giovani si sposarono e, grazie alla cittadinanza francese ottenuta da Isabelle con il matrimonio, tornarono in Algeria.

Nel 1902 Isabelle conobbe Victor Barrucand, direttore della rivista locale Akhbar ed estimatore della scrittrice, alla quale offrì una collaborazione fissa come reporter.

In quel periodo la ragazza viaggiò molto, sempre vestita da uomo, con il nome di Si Mahmoud ould Ali, un giovane letterato tunisino, ma la sua salute  cominciò a declinare, a causa di ripetute febbri malariche.

Nel 1903 si recò a sud di Orano come inviata di guerra per la rivista La Dépêche algérienne, per seguire la battaglia di El Moungar e l’assedio di Taghit, negli anni in cui la parte meridionale del Maghreb era abitata da tribù bellicose in lotta con i francesi.

Il bisogno di ricerca interiore di Isabelle la portò, nel 1904, a Kénadsa, ospite di una zaouïa, dove rimase un’estate intera.

Ad Aïn Séfra fu ricoverata in un ospedale militare e, il 21 ottobre 1904, uscì contro il parere dei medici per incontrare il marito che, in servizio nella regione di Costantina, era lì in licenza.

Isabelle aveva affittato una casa sulla riva di un fiume asciutto da tempo ma, quel giorno, una grande  massa d’acqua proveniente dalle pendici della catena montuosa dell’Atlante si riversò sui letti dei fiumi essiccati, travolgendo Aïn Séfra.

Isabelle morì nell’inondazione, mentre Slimène si salvò e morì nel 1907.