
La fogheraccia o focheraccia o focarina, ma anche fugaràza nel riminese e fugaréna in gran parte della Romagna, è un rito popolare tipico del folclore del Nord Italia che si tiene ogni anno nella serata del 18 marzo, che consiste nell’accensione di grandi falò in cui bruciare, secondo l’usanza più recente, vecchi mobili, scarti di potature e altro materiale legnoso.
Il rito del fuoco purificatore è una delle tradizioni ancestrali più diffuse nell’antropologia culturale e i falò di marzo accesi nelle campagne romagnole avevano un intento propiziatorio, messo in atto significativamente proprio all’inizio del mese che segna la fine dell’inverno e l’arrivo della buona stagione.
Ma i falò sancivano probabilmente anche la fine dell’anno nuovo e bruciavano così il tempo passato come purificazione in vista del tempo futuro: infatti nell’antica Roma e presso altre popolazioni l’anno cominciava il 1 marzo.
In alcune zone dell’entroterra romagnolo, il simbolismo del fuoco unisce al rito della Segavecchia e della Vecchia del giovedì di mezza quaresima, dove un fantoccio con le sembianze di una vecchia, ripieno di frutta secca, confetti o addirittura monete, viene trainato su un carro mascherato tra suoni di trombe, battaglie con la frutta e grida, per essere poi squarciato da appositi e selezionati segatori e, infine, arso in piazza.
Il rito allegorico è collegato ai ritmi di una comunità agro-pastorale che alla fine dell’inverno svuota le stalle e al contempo stesso è favorito dalla disponibilità delle frasche della potatura degli alberi, in particolare olivi, che avviene nei giorni della festa.
Assieme alla funzione propiziatoria, l’uso di bruciare l’effige di vecchie e streghe poteva rappresentare l’allontanamento delle anime dei morti e auspicare un ritorno alla normalità.
Della fogheraccia esiste una versione di campagna e una di mare, se la prima trae il suo materiale dalle stoppe, potature e scarti del raccolto, la seconda lo ha dalle grandi quantità di legna portato a mare dai fiumi con le piogge autunnali e invernali.
Al materiale ammassato si uniscono poi vecchi mobili e altro materiale legnoso, ottenendo una catasta per poi incendiarla poco dopo il tramonto, in passato sul litorale e nei paesi ogni quartiere provvedeva a costruire la propria pira, anche molto grossa, mentre le campagne si punteggiavano dei fuochi dei contadini.
La fogheraccia era un momento di aggregazione e divertimento e spesso veniva accompagnata da musiche tradizionali, zuppa, ciambella e vino ma, occasionalmente, a spettacoli pirotecnici e grigliate.
Spesso la fogheraccia era anticipata in campagna negli ultimi tre giorni di febbraio e i primi tre di marzo dalla Lôm a mèrz (luce a marzo) con l’accensione di grandi fuochi “sopra vento” (al fugarèn) per propiziarsi un mese caratterizzato da un tempo molto incerto, infatti le gemme precocemente spuntate nel terreno rischiano di essere uccise dal gelo.