
La città dell’oca si ferma e si prepara a vivere una delle tradizioni più importanti di Mortara infatti, domenica 4 maggio, in occasione della festa patronale di Mortara, tornerà il consueto palio della Santa Croce.
Alle 10.30 ci sarà la messa presso l’abbazia di Santa Croce con la benedizione del palio, a seguire l’esibizione del gruppo sbandieratori e in corso Garibaldi il tradizionale gioco dell’oca, uno degli eventi più importanti della manifestazione.
Nelle piazze Silvabella, Dughera, Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II non mancheranno attività per bambini, eventi sportivi e culturali con la presenza di associazioni di Mortara e del territorio lomellino, oltre a banchetti di cibo e gastronomia per gustare le tradizioni culinarie della terra del riso.
La Cri di Mortara per l’occasione organizzerà per i più piccoli una giornata in cui il denominatore comune sarà il divertimento, dove i bambini avranno la possibilità di cimentarsi in percorsi da veri eroi e di provare a diventare per qualche ora degli autentici soccorritori. L’evento centrale sarà ovviamente il palio delle contrade.
Gli appartenenti alle sette Contrade di Mortara (San Cassiano, Le Braide, Sant’Albino, Il Moro, La Torre, San Dionigi, Il territorio) si contenderanno il cencio con prove di abilità riservate agli arcieri e giochi tradizionali ripresi dalla tradizione medievale e rinascimentale.
Nel pomeriggio ci sarà il corteo storico di ambientazione sforzesca poi la disputa del palio in piazza Vittorio Emanuele II.
Il suono dei tamburi annuncerà il ritorno per le strade di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este, impersonati da Mattia Callegaris e Matilde Perfetto, della corte sforzesca e della delegazione comunale della Mortara che fu con il podestà, cioè Pier Pirola.
Poi ci saranno le sei contrade con davanti a tutti i giallo-neri della Torre, detentori del Palio, quindi Braide, San Dionigi, il Moro, Sant’Albino e San Cassiano.
Da sempre la città di Mortara, situata al centro delle pianure tra Pavia e i campi della Lomellina, è considerata una delle più importanti del Pavese, grazie anche alla sua lunghissima storia.
Infatti, secondo i recenti ritrovamenti archeologici, Mortara fu fondata alla fine dell’Età del Bronzo da quelle tribù celtiche che arrivavano dai Balzi Rossi della Liguria, poi diventate alleate di Annibale e dei Celti nella lotta contro Roma.
Sotto l’impero romano, il piccolo centro fu una delle città più importanti della Cisalpina, grazie anche alla via consolare che da Pavia fino a Torino conduceva alla Valle d’Aosta e da lì alle Gallie.
Ai tempi della dominazione longobarda la città di Mortara era soprannominata Pulchra Silva per i numerosi boschi lussureggianti ricchi di selvaggina che la circondavano.
Nel VIII secolo i longobardi erano entrati in guerra con il re Carlo Magno, anche se, per stipulare un’alleanza, il re franco aveva sposato Ermengarda, figlia del re Desiderio, che aveva però ripudiato nel 771.
L’esercito longobardo in breve subì pesanti sconfitte e la battaglia di Susa fu l’inizio della fine.
Le truppe longobarde in rotta, al comando del re Desiderio, defluirono lentamente da occidente verso oriente, quando il re Franco intercettò i soldati in Lomellina.
Il 12 ottobre 773, proprio nelle vicinanze di Pulchra Silva, avvenne lo scontro decisivo tra i due eserciti, quello longobardo stanco di battaglie mentre i Franchi erano più forti e meglio equipaggiati.
La battaglia durò fino a tarda notte , e anche se i Longobardi si difesero strenuamente alla fine dovettero soccombere.
La leggenda racconta che i morti furono ben 44.000 longobardi e 32.000 franchi, oltre a un numero imprecisato di feriti da entrambe le parti.
Da quel momento in poi la città cambiò il suo nome in Mortis Ara, “l’altare della morte”.
Ma la vittoria fu pagata da Carlo Magno ad un prezzo molto alto, in quanto morirono due dei suoi più valorosi paladini, Amelio d’Alvernia e Amico di Beyre.
Erano nati nello stesso giorno ed erano stati grandi amici fin da piccoli, e dopo molte traversie si erano arruolati insieme nell’esercito franco, dove morirono nel medesimo istante durante la battaglia.
Con la benedizione del vescovo di Vercelli, Carlo Magno fece seppellire i due paladini in chiese diverse, ma il giorno dopo i loro corpi furono ritrovati insieme nella stessa tomba.
Quest’evento miracoloso portò alla beatificazione dei due amici, che vennero sepolti insieme nell’abbazia di Sant’Albino, grazie alla benevolenza dello stesso Carlo Magno.
Adesso nella Mortara di oggi la piazza centrale della città è chiamata Silvabella , in ricordo di Pulchra Silva .
Con l’anno Mille, il piccolo centro fu dotato di un nuovo castello, mentre vi vennero annesse le pievi di Sant’Albino e Santa Croce, che erano governate dai comitati di Lomello e Bulgaro.
Nel 1165 Mortara venne ceduta da Federico Barbarossa al Marchesato del Monferrato, per poi alla fine del Duecento diventare parte dei domini dei Visconti di Milano.
Dopo un lungo periodo di pace, prima sotto i Visconti e poi con gli Sforza, nel 1500 il paese venne conquistato dalle truppe francesi e, dopo un breve passaggio sotto il dominio spagnolo, alla fine del Settecento annesso ai domini dei Savoia.
Con la battaglia del 21 marzo del 1849 tra Austriaci e Piemontesi, dopo la disfatta di Novara, la storia di Mortara diventa quella del Risorgimento e poi dell’Italia contemporanea.
Anche se oggi del castello medievale rimangono solo pochi resti, nel centro storico di Mortara si possono ammirare due chiese che, in misura diversa, hanno fatto parte della sua storia.
Presso Corso Garibaldi è posizionata la chiesa di Santa Croce, edificata nel X secolo, con una pianta a navata unica e la facciata in stile rinascimentale, e che fu la prima sede del Canonici regolare mortariensi.
Oltre il Municipio troviamo la parrocchiale di San Lorenzo, eretta alla fine del Trecento, per poi essere rifatta in stile gotico agli inizi del Novecento.
Alla fine dell’Ottocento risalgono il Municipio e il Teatro, mentre fuori città molto suggestiva l’abbazia di Sant’Albino, che venne costruita verso la fine del Quattrocento nello stesso luogo dove si trovava una chiesa più antica, fatta erigere nell’VIII secolo d. C. da Carlo Magno.