alfredo panzini

Lo scrittore che raccontava da un punto di vista nuovo l’Italia provinciale…

Alfredo Panzini nacque a Senigallia il 31 dicembre 1863, dal dottor Emilio e Filomena Santini, originari di San Lorenzo in Strada, un borgo del riminese.

Panzini visse la sua infanzia a Rimini e a dieci anni fu iscritto al ginnasio comunale, che lasciò subito per trasferirsi al collegio Marco Foscarini di Venezia dove completò il liceo, rimanendoci dal 1875 fino al 1882.

Alfredo frequentò l’ateneo di Bologna dal 1882 al 1886, dove fu allievo di Carducci e Acri e conobbe Giovanni Pascoli, poi, nel luglio 1890, sposò a Parma Clelia Gabrielli, che gli diede Umberto, Emilio, Pietro e Matilde, detta Tittì.

Dietro la sua aria professorale, Panzini era un padre affettuoso e un uomo che sapeva ridere della vita e delle cose semplici.

Dal 1886  fu insegnante nei ginnasi di Castellamare di Stabia e di Imola, al Parini (1888-1897), al Politecnico di Milano (1897-1917) e a Roma (1918-1924).

I suoi primi lavori sono opere di saggistica e traduzioni, ma il primo libro di narrativa lo pubblicò nel 1893 dall’editore Galli di Milano, con Il libro dei morti, quando aveva già 30 anni.

Nel 1896 la seconda pubblicazione, con i racconti di Gli ingenui, avviò una carriera fulminante, che lo portò a collaborare con l’Illustrazione italiana, La Vita Internazionale, la Nuova antologia e “La Voce.

Panzini divenne uno scrittore notissimo prima con La Lanterna di Diogene (1907), racconto di un viaggio in bici lungo il Nord Italia, e soprattutto con Le Fiabe della virtù, nel 1911.

Nel 1922 uscì Il padrone sono me, che confermò l’indiscussa popolarità di Panzini presso il grande pubblico, oltre a nuove collaborazioni con Il Resto del Carlino, il Giornale d’Italia e il Corriere della Sera, dove fu chiamato da Luigi Albertini nel 1925, continuando a scrivere per il quotidiano milanese tre articoli al mese fino al 1930.

Nel 1929 ricevette la nomina ad Accademico d’Italia, quando ormai i suoi romanzi erano tradotti in molte lingue, non solo europee, e la trasposizione teatrale di Io cerco moglie (1920) andò in scena a Parigi.

Oltre alla narrativa e alle opere critiche, si cimentò anche con la storia, con Il Conte di Cavour, scrisse antologie scolastiche e curò il Dizionario Moderno, cui lavorò per circa trenta anni a partire dal 1905.

Panzini morì nella sua casa romana di via Giuseppe Avezzana il 10 aprile 1939, lunedì di Pasqua, e ed è sepolto, accanto alla moglie, nel cimitero di Canonica, nel comune di Santarcangelo.