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Il Museo del Paesaggio di Verbania propone la mostra Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione. L’opera grafica, dal 13 giugno al 3 ottobre, con opere provenienti dalla collezione del Museo e da una privata milanese, a cura di Elena Pontiggia e di Federica Rabai, direttore artistico e conservatore del Museo.

In mostra ci sono novanta opere dei due grandi artisti del Novecento italiano che si sono distinti e affermati proprio grazie all’invenzione di un nuovo linguaggio in pittura e scultura.

Di Carlo Carrà ci sono circa cinquanta tra acqueforti e litografie a colori, che comprendono tutti i più importanti esiti dell’artista, dagli incantevoli paesaggi dei primi anni venti, tracciati con un disegno essenziale (Case a Belgirate,1922), alla suggestiva Casa dell’amore (1922), fino alle immagini realizzate nel 1944 per un’edizione di Rimbaud, in cui Carrà, sullo sfondo della guerra mondiale, rappresenta angeli, demoni, creature mitologiche e figure realistiche, segni di morte e speranza (Angelo, 1944).

Fin dagli inizi Carrà avviò, grazie all’incisione, un ripensamento della sua pittura, che lo portò a reinterpretare con acqueforti e litografie i suoi principali capolavori, dalla Simultaneità futurista alle Figlie di Loth, dal metafisico Ovale delle apparizioni al Poeta folle.

Le quaranta opere in mostra di Arturo Martini sono comprese tra il 1921 e il 1945 lungo tutta la carriera dell’artista, a iniziare da Il circo del 1921, disegno del momento di Valori plastici quando Martini era vicino a una personale rivisitazione della congiuntura metafisica.

Importante anche il ciclo d’incisioni eseguite a Blevio nell’estate del 1935 su soggetti già trattati anche in scultura o già presenti in altre incisioni precedenti, dove la trama delle linee è fittissima fino a oscurare la superficie, quasi a emulazione della maniera nera.

Nel 1942 realizzò undici disegni preparatori del Viaggio d’Europa per l’illustrazione dell’omonimo racconto di Massimo Bontempelli e del 1944-45 sono il gruppo d’incisioni per l’illustrazione della traduzione italiana dell’Odissea a cura di Leone Traverso, poi non pubblicata, che rivelano un lato straordinario della versatile fantasia martiniana, per sperimentare materiali poveri e linguaggi poveri, al limite tra immagine e pura suggestione timbrica.

Accanto a queste prove dell’artista ci sono dieci sculture come La famiglia degli acrobati, Can can, Adamo ed Eva, Ulisse e il cane, Testa di ragazza, Busto di ragazza e tre tele: Sansone e Dalila, La siesta e Paesaggio verde per rafforzare il tema della differenza tra disegno e realizzazione finale delle opere, di grande valore storico e artistico.

Orari: da martedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00. Lunedì chiuso.

Ingresso: Intero 5€, Ridotto 3€ (il biglietto dà diritto alla visita della mostra e delle collezioni permanenti: pinacoteca e gipsoteca Troubetzkoy).