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Il 3 febbraio terminerà il mandato di Sergio Mattarella al Quirinale e dal 24 gennaio, alle quindici, il Parlamento in seduta comune con l’aggiunta dei delegati regionali voterà per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.

Con la fine del settennato di Mattarella quelli che sono definiti come grandi elettori sceglieranno il nuovo presidente, che deve avere almeno cinquant’anni e godere dei diritti civili e politici.

L’elezione del capo dello Stato è disciplinata dall’articolo 83 della Costituzione, inoltre questa sarà l’ultima votazione che avverrà con le attuali regole considerando l’entrata in vigore, per la prossima legislatura, del taglio dei parlamentari.

Il presidente della repubblica è la massima carica istituzionale italiana e la procedura per la sua elezione è particolarmente complessa.

Seguendo l’articolo 83 della costituzione infatti, il capo dello stato viene eletto dal parlamento in seduta comune a cui si aggiungono 3 delegati per ogni regione, scelti dai rispettivi consigli regionali, eccezione per la Valle d’Aosta che ne ha uno solo.

Fino a quando non sarà eletto il nuovo parlamento, con numeri ridotti a seguito della riforma costituzionale approvata nel settembre 2020, l’assemblea che elegge il presidente della repubblica è composta da 1009 membri, con 630 deputati, 321 senatori, inclusi quelli a vita,  e 58 delegati regionali.

L’articolo 83 della costituzione stabilisce inoltre che il voto sia segreto e che il nuovo presidente venga eletto con una maggioranza qualificata dei due terzi dell’assemblea.

Se tale maggioranza non viene raggiunta, si procede a una nuova votazione e dopo i primi tre scrutini, se ancora non si riesce a eleggere un candidato, diventa sufficiente la maggioranza assoluta, cioè la metà più uno dei votanti.

Durante la seduta comune non sono ammessi interventi per proporre candidature o a esprimere dichiarazioni di voto, mentre lo scrutinio avviene in seduta pubblica.

Allo spoglio procede il presidente della camera, in quanto presidente del parlamento in seduta comune, che da lettura di tutte le schede tranne quelle identificabili come nulle e si considerano dispersi i voti ai candidati che raccolgano un numero di preferenze inferiore a due.

I presidenti della repubblica sinora sono stati dodici e l’unico a essere stato eletto per un secondo mandato è stato Giorgio Napolitano nel 2013, dimessosi due anni più tardi.

La necessità di raggiungere una maggioranza di due terzi ha determinato che raramente si sia riusciti a eleggere il nuovo presidente negli iniziali tre scrutini e gli unici due casi di questo tipo sono stati Francesco Cossiga nel 1985 e Carlo Azeglio Ciampi nel 1999.

L’elezione più complessa è stata invece quella di Giovanni Leone nel 1971 che vide ben 23 votazioni e fu eletto con la maggioranza più ristretta, il 52%.

Il presidente che ebbe più consensi fu Sandro Pertini, che nel 1978 venne eletto con l’83,6% delle preferenze ma dopo ben 16 scrutini, mentre Enrico De Nicola, che ebbe la più alta percentuale di preferenze a suo favore, fu eletto nell’ambito dell’assemblea costituente e rimase in carica solo per pochi mesi, fino all’elezione di Luigi Einaudi dal primo parlamento repubblicano.

Gli ultimi due presidenti della repubblica, Giorgio Napolitano con il 54,3% dei consensi, mentre Sergio Mattarella con il 66,8%, furono eletti al quarto scrutinio, quando non era più richiesta la maggioranza dei due terzi.