Forse non tutti sanno che a Villa Il Grillo di Coquio-Trevisago, sul lago di Varese, visse per gran parte della sua vita Fausta Cialente, donna coraggiosa e scrittrice controcorrente, che amava l’Egitto e che nel 1976 vinse il premio Strega con Le quattro ragazze Wieselberger. 

Fausta Cialente nacque il 29 novembre 1898 a Cagliari, dove suo padre Alfredo, abruzzese, ufficiale di carriera dell’esercito, si era trasferito con la sua famiglia da Treviglio.

Sua madre era Elsa Wieselberger, triestina, che per il matrimonio aveva rinunciato a una carriera di soprano, avviata con il sostegno del padre, noto musicista e membro autorevole dell’élite cittadina.

Fausta visse l’infanzia e l’adolescenza in un ambiente profondamente segnato dal carattere tirannico del padre e dai trasferimenti presso i distretti militari dove quest’ultimo prestava servizio, Osoppo, Cuorgnè, Jesi, Senigallia, Ancona, Padova, Bologna, Milano, Roma, Teramo, Firenze, Genova.

Ben presto la giovane rivelò un profondo amore per la letteratura, dapprima appassionandosi ai racconti d’avventura di Salgari, Verne, Kipling, Dickens e Vamba, poi attraverso le letture dei romanzi di Pitigrilli, Zola, Maupassant, D’Annunzio, e quelle dei drammi di Shakespeare.

Gli unici periodi sereni nell’infanzia di Fausta furono quelli a Trieste, nella villa del nonno materno Gustavo, nella quiete della campagna costiera di Via dell’Istria e affacciata sull’ampio orizzonte dell’Adriatico.

Della famiglia materna, di origini viennesi e sentimenti irredentisti, Fausta conservò il ricordo dell’atmosfera scintillante dei concerti della Società filarmonica, che si tenevano nella grande casa di piazza Ponterosso.

Nell’estate 1920 la Cialente incontrò Enrico Terni, vicedirettore della filiale del Banco di Roma ad Alessandria d’Egitto che, reduce da un divorzio, stava trascorrendo le vacanze in Italia.

I due si sposarono il 21 maggio 1921 a Fiume, una città-stato non soggetta ai vincoli della legislazione italiana sul matrimonio, cui seguì il trasferimento in Egitto, nella ricca colonia italiana di Alessandria.

Il 1930 fu un anno di svolta per Fausta, che scrisse il suo primo romanzo di ambientazione egiziana, Cortile a Cleopatra, terminato il 27 aprile 1931 e proposto a Mondadori, che lo respinse nonostante le proteste del direttore della Comit Raffaele Mattioli, incoraggiato dal parere autorevole del giornalista e consulente editoriale Pio Schinetti.

La pubblicazione dell’opera in Italia avvenne per la casa editrice Corticelli di Milano, nel 1936.

L’esistenza della scrittrice ebbe un drammatico cambiamento nell’estate del 1940, con l’offensiva italiana ordinata da Mussolini nell’Egitto occupato dalle truppe del generale Archibald Wavell, comandante in capo delle forze britanniche in Medio Oriente.

Nell’ottobre di quell’anno la Cialente si trasferì al Cairo per prendere parte alla lotta antifascista, che si snodò per sei anni di vita laboriosa e avventurosa, ben documentata dai quaderni inediti del Diario di guerra (1941-47).

Fino al 14 febbraio 1943, con l’aiuto di Anna Caprera, pseudonimo dell’etnologa ebrea Laura Levi, condusse il programma serale Siamo Italiani, parliamo agli Italiani, contro la propaganda fascista indirizzata ai prigionieri di guerra nei campi di concentramento anglo-egiziani.

La fine degli anni in Egitto, nel 1947, coincise per la scrittrice con la separazione dal marito, poi, dove aver trascorso l’estate nel Varesotto, si trasferì con la madre a Roma, dove aveva preso in affitto un appartamento con vista sul Gianicolo, a Villa Brasini, sulla Via Flaminia.

Lì ospitò il nipote del marito, Paolo Terni, che grazie al sostegno della scrittrice, negli anni Cinquanta maturò i primi passi nella sua carriera musicale e giornalistica.

A Roma, nel secondo dopoguerra, la Cialente si dedicò a una lunga attività giornalistica, collaborando con gli organi del Partito comunista italiano (PCI) o vicini al partito, come faceva la sua amica Sibilla Aleramo, che aveva dato il suo sostegno a Togliatti nella lotta politica legata al movimento di emancipazione delle donne.

Dopo la morte della madre, avvenuta a Roma il 27 febbraio 1955, Fausta Cialente fece una serie di viaggi in Europa e in Medio Oriente, da Kuwait City a Baghdad, e nelle altre città in cui viveva la figlia Lili con il marito John Muir, arabista di professione e nel 1956 si recò in Kuwait, che allora attraversava un forte processo di occidentalizzazione.

Nel 1956 la Cialente comprò un terreno a Coquio-Trevisago, in provincia di Varese, dove fu edificata la villa Il Grillo.

Fausta nella sua nuova dimora ospitò il marito Enrico, che vi morì il 1° maggio 1960, a pochi mesi di distanza dalla scomparsa dell’amica Aleramo, poi diversi artisti, scrittori e intellettuali, da Piero Chiara, a Renato Guttuso, a Vittorio Sereni.

Alla fine del 1960 la scrittrice pubblicò per Feltrinelli Ballata levantina, un nuovo romanzo che proponeva un originale modello narrativo, sostanziato da una forte tensione morale e con una sapiente combinazione d’indagine storica e narrazione autobiografica.

Nel 1966 pubblicò, sempre per Feltrinelli, Un inverno freddissimo, romanzo ambientato nella Milano del secondo dopoguerra, che fu scritto nel Varesotto, da cui nel 1976 Tullio Pinelli ricavò la sceneggiatura per lo sceneggiato Camilla, con Giulietta Masina, diretto da Sandro Bolchi.

La Cialente visse gli anni Settanta tra la villa di famiglia a Cocquio, i soggiorni romani in un piccolo appartamento a Monteverde, e i lunghi viaggi all’estero, tra Europa e Medio Oriente, sempre come ospite della figlia Lili.

Per Mondadori la scrittrice pubblicò Il vento sulla sabbia nel 1972, l’ultimo romanzo sull’Egitto, che si aggiudicò il premio Enna nel 1973, poi la seconda edizione di Ballata levantina nel 1974, e due anni dopo il suo libro più noto, Le quattro ragazze Wieselberger, una dolente e vigorosa autobiografia, nel contesto del travaglio morale dell’Italia novecentesca.

Il 7 luglio 1976 Le quattro ragazze Wieselberger vinse il premio Strega, con il sostegno di Giorgio Bassani e Giovanni Macchia.

Fausta Cialente morì a Pangbourne l’11 marzo 1994 ed è sepolta nel cimitero di Caldana, tra le colline del Lago di Varese.