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Giovanni Agnelli detto Gianni, meglio conosciuto come l’Avvocato, è stato il simbolo del capitalismo italiano…

Nato a Torino il 12 marzo 1921, nella casa di famiglia in corso Oporto (ora corso Matteotti), Gianni fu battezzato con il nome del nonno, il fondatore della Fiat e senatore Giovanni.

Suo padre, Edoardo Agnelli era a capo della Fiat, la madre era la nobile e raffinata italoamericana Virginia Bourbon del Monte, ebbero altri sei figli. Il padre morì tragicamente in un incidente aereo quando Gianni aveva quattordici anni. Stessa sorte tragica per la madre, morta in uno scontro tra la sua auto e un camion americano alle porte di San Rossore nei pressi di Pisa, nel novembre del 1945. Gianni, venne educato secondo un modello nobile del tempo con fitte frequentazioni nel mondo dell’aristocrazia, favorite dal legame con casa Savoia.

Si diplomò nel 1938 al classico Massimo d’Azeglio a Torino e nello stesso anno intraprese un viaggio negli USA, rientrando fortemente impressionato dagli Stati Uniti. Durante il periodo bellico fu inviato sul fronte russo, poi in Africa, Libia e Tunisia, dove venne insignito della Croce di guerra al valor militare. Nello stesso periodo ottiene la laurea in giurisprudenza a Torino che gli varrà per sempre il soprannome di Avvocato, pur non avendo mai esercitato. Terminata la guerra, diviene presidente della RIV, la società di produzione di cuscinetti a sfere ed è eletto sindaco di Villar Perosa, paese da sempre feudo degli Agnelli, lungo la statale che porta al Sestriere. Nel 1946 è a capo delle spinose e intricate trattative tra il CLN, le autorità alleate di occupazione, il governo italiano provvisorio e la famiglia Agnelli, per la normalizzazione della conduzione della FIAT, e ripropone Vittorio Valletta, nella carica di amministratore delegato.

Nel 1947 Gianni Agnelli diventa presidente della Juventus, una delle grandi passioni di famiglia. Viaggia in continuazione in tutto il mondo, frequentando i luoghi più mondani d’Europa e del pianeta, le persone più famose del jet-set internazionale: attrici, principi, magnati, uomini politici, stringe un solido rapporto con John Fitzgerald Kennedy e tutto il clan, con il potente Henry Kissinger, con i banchieri David D. Rockefeller e André Meyer della banca d’affari internazionale Lazard.

Anima la vita mondana, tra party, regate in barca a vela, ricevimenti, diventa un’icona di stile, imitata fino ai suoi ultimi giorni, intrecciando numerose relazioni sentimentali, tra queste con Pamela Digby ex nuora di Winston Churchill. Al termine di questa relazione, nell’estate del 1952, è vittima di un terribile incidente d’auto, nei pressi di Montecarlo si schianta contro un autocarro. Lo estraggono dall’auto malconcio, la gamba destra è nuovamente, seriamente ferita e per la seconda volta rischia l’amputazione. La gamba operata più volte, lo lascerà claudicante ma una complessa protesi gli consentirà di continuare a praticare uno dei suoi sport preferiti: lo sci (e sarà proprio sciando che se la romperà per la terza volta nel 1987).

Sposò nel 1953, a Strasburgo, nel castello di Osthoffen, Marella Caracciolo dei Principi di Castagneto, figlia di un alto diplomatico, appartenente a un’antica nobile famiglia di origini napoletane dalla quale ebbe due figli, Edoardo e Marella.

L’entrata di Agnelli nella stanza dei bottoni fu nel 1966, quando con l’uscita di scena dell’ormai ottuagenario Vittorio Valletta, gli venne conferito l’incarico di Presidente.

La conduzione non fu per nulla facile, l’Avvocato dovette affrontare quello che fu il momento più difficile in assoluto per il capitalismo italiano, quello contrassegnato dalla contestazione studentesca prima e delle lotte operaie degli autunni caldi, che misero in grave difficoltà la produzione industriale e la competitività della Fiat.

Agnelli aveva però un carattere forte e comprensivo, tendente alla mediazione e alla ricomposizione delle contraddizioni, che gli permisero una gestione lungimirante delle contestazioni, evitando di esasperare gli scontri.

In mezzo a tutte queste difficoltà dal 1974 al 1976 fu eletto a gran voce Presidente della Confindustria, visto come garanzia di equilibrio e di conciliazione, alla luce della situazione politica italiana.

Ma alla fine degli anni Settane, la Fiat fu nel bel mezzo di una fortissima crisi, con una dura fase di scontro sindacale, forse il più caldo dal dopoguerra, passato alla storia grazie a record assoluti come il famoso sciopero dei trentacinque giorni.

Fulcro della protesta erano i cancelli dei nevralgici stabilimenti di Mirafiori, e il segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer promise  il sostegno del Pci in caso di occupazione delle fabbriche.

La Fiat, sotto pressione, rinunciò ai licenziamenti e mise in cassa integrazione ventitremila dipendenti, e Agnelli, affiancato da Cesare Romiti, la trasformò in una holding con interessi assai differenziati, che non si limitavano al settore dell’auto, ma vanno dall’editoria alle assicurazioni.

Agnelli divenne il re virtuale d’Italia e i suoi vezzi divennero di raffinatezza: a cominciare dal celebre orologio sopra il polsino, fino all’erre moscia e alle scarpe scamosciate, oltre a giudizi taglienti, a volte solo affettuosamente ironici, su tutti, dai politici in carica, agli amati giocatori dell’altrettanto amata Juventus, la passione di una vita dopo la Fiat, di cui, curiosamente, aveva l’abitudine di guardare prevalentemente un solo tempo, il primo.

Nel 1991 fu nominato senatore a vita da Francesco Cossiga.

Nel 1996 passò la mano a Cesare Romiti, fu poi la volta di Paolo Fresco presidente e del ventiduenne John Elkann, consigliere d’amministrazione, succeduto all’altro nipote, Giovannino, figlio di Umberto e Presidente Fiat in pectore, scomparso prematuramente a soli trentatré anni, nel 1997.

In seguito, un altro grave lutto colpì il già provato Avvocato, il suicidio del quarantaseienne figlio Edoardo, vittima di un dramma personale tra crisi esistenziali e difficoltà a riconoscersi come un Agnelli a tutti gli affetti, con gli onori e gli oneri che questo comporta.

Il 24 gennaio 2003 Gianni Agnelli, dopo una lunga malattia morì nella sua Torino.

La camera ardente fu allestita nella pinacoteca del Lingotto, secondo il cerimoniale del Senato, mentre i funerali si svolsero nel Duomo di Torino in forma ufficiale e trasmessa in diretta da Rai Uno, seguiti con commozione da un’enorme folla, che vedeva Gianni Agnelli come il vero monarca italiano.