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Un piccolo borgo nel cuore delle colline dell’Alessandrino…

E’ un giorno di marzo, illuminato da un sole quasi primaverile che mi porta a visitare Ovada.

Una scalinata introduce al borgo antico e le stradine piccole e caratteristiche n fanno un luogo quasi misterioso.

Il borgo chiamato Borgo di Dentro va quasi esplorato con calma, piano piano, per assaporarne i particolari, le insegne retrò, i balconcini, le facciate, gli angoletti sconosciuti.

Le origini di Ovada risalgono ai tempi dei Romani, quando era un piccolo villaggio alla confluenza di due torrenti, Orba e Stura, punto di guado obbligato sulle strade che allora dal mare portavano alla pianura padana, il suo nome antico era Vada o Vadum che lo indicava, appunto, come punto di guado e transito obbligato, citato nelle lettere di Decimo Bruto a Cicerone.

Nel 967 d.C. Ottone I lo donò, con altri territori, al Marchese Aleramo e, dopo essere passato in possesso dei Marchesi di Gavi e poi dei Marchesi Del Bosco, pervenne ai Malaspina che, nel 1277, lo vendettero alla Repubblica di Genova.

Ovada seguì le sorti della Repubblica di Genova, con esclusione di un periodo quando fu sotto il dominio dei Duchi di Milano, fino al 1814 quando, a seguito del Congresso di Vienna, passò sotto la sovranità del Regno di Sardegna.

Il centro storico di Ovada è un dedalo di strade e stradine dove a partire, in piazza San Domenico c’è l’antica Chiesa di Santa Maria delle Grazie la cui facciata risale al XVIII secolo, inserita in un edificio cristiano di antichissima origine, come evidenzia un locale circolare che era un primitivo Battistero e racchiude un interno, in gran parte romanico, di pregevole fattura.

La fronteggia il palazzo Spinola della seconda metà del XVII secolo, che segnala la presenza costante in Ovada della famiglia genovese.

Piazza dell’Assunta fu il punto di passaggio tra Medioevo e Seicento, dove la cinta muraria dell’Ovada medievale delimitava qui il suo lato sud e da questo confine ebbe inizio l’espansione della cittadina nei secoli successivi ed è dominata dall’omonima Parrocchia del Settecento, una costruzione grandiosa, stretta fra due alti campanili e sovrastata dall’ampia cupola, con l’altare maggiore in marmo, realizzato su disegno dell’Antonelli, e il grande organo.

La storia della Chiesa della Concezione cominciò nel 1631, quando a Ovada ci fu una grave epidemia di peste, e la popolazione decise, se fosse cessato il morbo, di innalzare una chiesa in onore dell’Immacolata.

A grazia ottenuta fu presa la decisione di affidare ai Frati Cappuccini la cura del Santuario e due lapidi ancora leggibili ricordano la posa della prima pietra nel 1640 e la consacrazione il 26 Maggio 1662.
La Chiesa fu edificata seguendo le norme che dettavano lo stile dei Cappuccini, con una forma a capanna, facciata intonacata di bianco priva di decorazioni e l”interno a una sola navata con due cappelle laterali a destra e sinistra.

L’attuale facciata è il risultato di un rimaneggiamento del 1935 che, per richiamare lo stile romanico, deturpò l’aspetto originario della chiesa con l’aggiunta di un rosone e bifore in cemento.
Nel 1970 anche l’interno subì rimaneggiamenti che ne stravolsero la fisionomia con un ampliamento del lato sinistro e lo smembramento dei due altari delle cappelle di destra.