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La storia che, nella tradizione ebraica, diede inizio alla festa della Pasqua…

Secondo il libro dell’Esodo, parte del Pentauteco della Bibbia, durante il soggiorno in Egitto gli Ebrei, arrivati grazie all’opera di Giuseppe, figlio di Giacobbe e viceré egiziano, vissero in pace fino a quando governò un faraone, tradizionalmente identificato con Ramses II, che li oppresse, spingendoli ai lavori forzati per la costruzione delle città di Pitom e Ramses.

Grazie a Mosè, un giovane ebreo che fu allevato alla corte del faraone, e all’intervento miracoloso di Dio con le dieci piaghe, il popolo eletto riuscì a uscire dal paese, passando il Mare di Giunco, tradizionalmente identificato col Mar Rosso, per raggiungere la terra promessa.

L’Esodo è tradizionalmente collocato attorno al 1250-1230 a.C., e Dio comandò di commemorare il giorno dell’uscita dall’Egitto attraverso la festa della Pesach, o Pasqua ebraica, con inizio il 14 di Nisan e la fine il 22 di Nisan.

Nisan è il settimo mese del calendario ebraico secondo il computo ordinario ed è invece il primo mese secondo il computo dall’uscita dall’Egitto, e ricade tra marzo e aprile.

Originalmente la Pesach non durava otto giorni ma era celebrata solo il 14 di Nisan, mentre i successivi sette erano chiamati Festa dei pani non fermentati o Festa dei pani azzimi.

Come per la storia dei patriarchi nella Genesi, non c’è una diretta conferma nelle fonti egizie circa il soggiorno e la fuga degli Ebrei, ma la presenza di gruppi nomadi semiti, in particolare nella zona del delta del Nilo, è attestata dagli storici.

Anche la costruzione delle città di Pitom e Ramses, che le fonti egizie attribuiscono a lavoratori forzati, è compatibile con la descrizione del libro dell’Esodo.

L’unica fonte relativa a questo periodo sono i racconti dei libri biblici, mentre la testimonianza della stele di Meremptah, datata intorno al 1220 a.C., nella quale si legge tra l’elenco dei nemici sconfitti dal faraone anche il nome di Ysrỉr, unito al suffisso indicante un popolo nomade dovrebbe, se l’identificazione tradizionalmente proposta dagli studiosi è di Ysrỉr con Israele, essere la più antica testimonianza extrabiblica relativa a eventi biblici.

La veridicità storica della figura di Mosè non è accertata dato che, se alcuni autori antichi, fra cui Giuseppe Flavio ed Erodoto, datarono gli episodi dell’Esodo con la cacciata degli Hyksos, i faraoni semiti allontanati dall’Egitto da Ahmose fra il 1550 e il 1525 a.C., attualmente gli studiosi ritengono invece che gli eventi dell’Esodo siano soltanto un racconto ispirato da alcuni sacerdoti all’epoca della deportazione a Babilonia per enfatizzare le proprie caratteristiche religiose.

Altre fonti dicono che Mosè fosse Osarseph, un sacerdote egizio di Eliopoli che fondò una religione contraria a quella degli egizi e conquistò il Nilo adottando appunto il nome di Mosè.

Inoltre le Lettere di Amarna riferiscono di una piaga, forse la peste, che si sarebbe diffusa da Canaan al regno ittita fino alla capitale dell’Egitto.

Dopo tre mesi di viaggio Mosè raggiunse il monte Sinai, dove ricevette le Tavole della Legge e punì parte del suo popolo, che si macchiò della colpa di aver adorato un vitello d’oro, poi fu stipulata l’Alleanza tra Dio e il popolo ebraico, in attesa della conquista della terra promessa.

Seguendo le prescrizioni ricevute sul Sinai, Mosè convocò i maggiori artisti del popolo d’Israele e ordinò loro di costruire una tenda, denominata Dimora, dove conservare le Tavole della Legge, deposte nell’Arca dell’Alleanza, e poter celebrare sacrifici e pratiche rituali per mano del sacerdozio, capitanato da Aronne, fratello di Mosè, e dai suoi figli, nonché da tutta la tribù di Levi.
Per gli studiosi sono evidenti le similitudini tra l’ebraismo, come riportato nel Levitico, terzo libro del Pentateuco, e un episodio particolare della religione egizia, quello del culto ad Aton, il Sole, favorito dal faraone Akhenaton.

Una volta giunto in prossimità della terra promessa Mosè si accampò con i suoi nel deserto di Paran, e spedì dodici uomini, rappresentanti di ciascuna tribù, in ricognizione.

Fra essi vi era Giosuè, futuro successore di Mosè che, al suo ritorno con Caleb, un altro esploratore, ritenne conquistabile la terra promessa, a differenza dei compagni che la credevano impenetrabile, causando così una ribellione ai danni di Mosè per tornare in Egitto.

Il profeta riuscì per poco a placare la collera divina, ma gli ebrei furono puniti col decreto che non sarebbero potuti entrare nella terra promessa prima che fossero passati quarant’anni, cosicché la generazione che si era ribellata morisse e i loro discendenti vi entrassero come uomini liberi.

Giunto nei pressi della Terra promessa, la terra di Canaan, dopo quarant’anni di marcia, Mosè morì sul monte Nebo prima di entrarvi.

La figura del grande profeta è stata immortalata in film, romanzi e opere liriche, come il Mosè di Michelangelo, Mose in Egitto di Gioacchino Rossini e il racconto La legge del premio Nobel Thomas Mann.