renata vigano

Una donna e scrittrice, ma anche partigiana, nell’Italia del Novecento…

Nata a Bologna il 17 giugno 1900, Renata Viganò sognava di fare il medico ma, a causa delle difficoltà economiche della sua famiglia, dovette interrompere il liceo.

Renata cosi lavorò prima come inserviente e poi fu infermiera negli ospedali bolognesi, ma questo non le impedì di scrivere per quotidiani e periodici, con elzeviri, poesie e racconti.

Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 la coraggiosa infermiera, con il marito Antonio Meluschi e il figlio partecipò alla lotta partigiana nelle valli di Comacchio e in Romagna, facendo, fino alla Liberazione, l’infermiera, la staffetta garibaldina, la collaboratrice della stampa clandestina.

Questa esperienza percorse tutta la produzione letteraria della Viganò e la sua opera più famosa, L’Agnese va a morire, edita nel 1949 da Einaudi e vincitrice del Premio Viareggio, fu tradotta in quattordici lingue.

La protagonista, la lavandaia Agnese, vive nelle valli di Comacchio con il marito Palita, uomo dal fisico debole per una malattia avuta da bambino, che lo costringe a restare in casa senza compiere grandi sforzi, e a passare il tempo a intrecciare ceste di vimini.

Questa situazione costringe Agnese a lavorare il doppio per mantenere se stessa e il marito che, anche se debole, è un noto partigiano della zona.

Ma giorno Palita viene catturato dai nazisti, perché in contatto con i partigiani.

Qualche tempo dopo un amico del marito, sfuggito ai tedeschi, annuncia ad Agnese la morte di Palita, che la donna sapeva come inevitabile, poiché non avrebbe ricevuto le cure di cui aveva bisogno.

Agnese così rimane sola con l’unica compagnia della loro gatta di Palita, e comincia a nutrire un odio profondo nei confronti dei nazisti, sostenuti invece dalla vicina di casa e dalle sue figlie.

Una sera Kurt, un soldato tedesco, spara alla gatta uccidendola, così Agnese lo colpisce in testa col suo fucile e, credendolo morto, fugge presso una famiglia di partigiani.

Da questo momento Agnese diventa l’organizzatrice delle staffette, e la mamma della compagnia partigiana ma, proprio quando gli alleati inglesi stanno per sconfiggere i tedeschi, la donna viene fermata dai soldati e, riconosciuta da Kurt, rimane uccisa.

Nell’opera della scrittrice ci sono altri due libri sul tema della Guerra di liberazione, Donne della Resistenza, ventotto affettuosi ritratti di antifasciste bolognesi cadute (1955) e Matrimonio in brigata, una raccolta di racconti partigiani (1976), uscito proprio l’anno della scomparsa della Viganò.

Due mesi prima della morte, a Renata venne assegnato il premio giornalistico Bolognese del mese, per il suo stretto rapporto con la realtà della città.

La scrittrice si spense a Bologna il 23 aprile 1976.

Oggi una targa in via Mascarella ricorda la figura della Viganò e del suo compagno, Antonio Meluschi.