Non uova di cioccolato, ma veri gioielli, piccole meraviglie, scrigni davvero unici.

Agli inizi del Novecento anche alla corte degli Zar di Russia, come in molte famiglie dell’epoca, si usava regalare un uovo di Pasqua per festeggiare l’inizio della primavera.

Ma quelle uova non erano di cioccolato, bensì erano decorate con gioielli e pietre preziose, mentre al loro interno erano celati piccoli tesori di oreficeria, minuscole slitte e carrozze, fino ad arrivare a veri e propri carillon, costruiti con una maestria davvero impressionante.

Quelle uova, e i loro tesori, erano state create da Peter Fabergé, uno dei più grandi orafi della fine dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, che ebbe una vita lunga e avventurosa sempre sotto il segno dello zar.

Nato a San Pietroburgo nel 1849, da una famiglia tedesca originaria del Baltico, ma con ascendenze, per parte materna danesi e dal lato paterno francesi, il giovane Peter visse l’infanzia lavorando nell’oreficeria del padre, gioielliere per le famiglie dell’alta borghesia russa.

Successivamente, nel 1860, la famiglia dovette tornare in Germania, dove Fabergé studiò arte presso la Scuola delle Arti e dei Mestieri di Dresda.

Una volta ottenuta la laurea, nel 1868, Peter fece un lungo viaggio attraverso l’Europa, dove visitò le gioiellerie francesi, inglesi e tedesche, oltre a frequentare un corso di oreficeria a Parigi.

A 26 anni appena compiuti, nel 1872, il ragazzo fece ritorno a San Pietroburgo, dove si sposò e cominciò a lavorare nella bottega di Hiskas Pendin, che non solo era un caro amico del padre, ma collaborava anche con il museo dell’Ermitage per il restauro di alcuni tra i pezzi più importanti.

Dopo la morte del suo mentore, nel 1882, Peter divenne il completo responsabile della sua bottega e ottenne il titolo di Maestro Gioielliere della corte degli Zar, mentre il fratello Agathon aprì una bottega a Dresda.

Nel 1885, poco tempo dopo essere diventati Gioiellieri per nomina speciale della Corona Imperiale, i due fratelli ricevettero dallo zar l’incarico di realizzare per Pasqua un uovo speciale, decorato con pietre preziose, come dono per il figlio dello zar.

Era l’inizio di una leggenda.

Il primo uovo Fabergé fu l’uovo con gallina, che al suo interno conteneva una gallina d’oro dentro una matrioska, mentre l’anno dopo nell’uovo vi era un pendente di zaffiro per la zarina.

Le uova più belle create per la famiglia dello zar Alessandro IIIerano quella del cocchio con cherubino, oggi andata perduta, la nécessarie, che aveva come sorpresa un astuccio per il trucco decorato, quello dei palazzi danesi, con le miniature dei palazzi imperiali della Danimarca, uno dedicato all’incrociatore Azov, quello tempestato di diamanti e l’ultimo, dedicato al Rinascimento, dalla forma che ricordava uno scrigno.

Nessuno dei membri della famiglia reale, fino al giorno di Pasqua, sapeva come sarebbe stato fatto l’uovo e che sorpresa ci sarebbe stata al suo interno.

Dopo la morte del padre, il nuovo zar Nicola II chiese ogni anno ai Fabergé un uovo per la moglie e uno per la madre.

Ancora una volta, dai due fratelli uscirono piccoli capolavori, come l’uovo di cristallo, che era in ricordo della grande storia d’amore tra lo zar e la zarina, quello per festeggiare la nascita della ferrovia Transiberiana, l’enorme uovo sulla storia del Cremlino, uno che raccontava la lotta dell’esercito russo contro Napoleone, quello modellato come un mosaico, l’uovo di acciaio, che venne realizzato durante la prima guerra mondiale e l’incompiuto uovo delle costellazioni, non portato a termine a causa della rivoluzione russa.

Nel 1916, dopo che il suo laboratorio passò sotto il controllo dei comunisti di Lenin, Peter fuggì in Svizzera con la sua famiglia e morì a Losanna il 24 settembre 1920, distrutto dalla perdita del suo mondo.

Oggi la sua tomba si trova a Cannes, in Francia, mentre la maggior parte delle uova Fabergè è conservata nei musei, alcune presso collezioni private.