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Una villa particolare, dal taglio moderno, sulle rive del Lago di Garda…

Villa Ottolenghi, progettata dal grande architetto Carlo Scarpa nell’ultima fase della sua carriera per l’omonimo avvocato e la sua famiglia, venne costruita tra il 1974 e il 1978 a Bardolino, sulla riva orientale del lago di Garda.

Carlo Scarpa, veneziano, nato nel 1906, fu uno dei maestri del modernismo e una delle figure più espressive dell’architettura italiana e, nonostante gli studi di architettura all’Accademia delle Belle Arti non aveva una laurea, mancanza che gli procurò non solo diverse diatribe giudiziarie per abuso della professione, ma anche il biasimo dei colleghi dell’università che lo soprannominarono il capomastro bizantino, alludendo alla sua idea della sapienza del costruire.

Uomo di grande cultura, per i suoi lavori Scarpa venne influenzato da Klimt, Mondrian, Albers, Rothko, Hoffmann, Loos, ma anche da Frank Lloyd Wright con cui condivideva l’interesse per l’arte Orientale vista nel suo modo di fondere, ben prima che fosse di moda in Occidente, elementi organici diversi, nella gestione dello spazio, nell’alternarsi di luce e ombra, nella sovrapposizione cromatica.

L’avvocato Carlo, su suggerimento di Giuseppe Mazzariol, negli anni Settanta chiese a Scarpa di progettare una casa per il figlio Alberto e la configurazione del terreno di Bardolino, che si affaccia sul Lago di Garda, delimitato a ovest da uno scosceso pendio, a nord e a est da un terrapieno, offrì all’architetto interessanti spunti progettuali.

Una scaletta tortuosa scende nella spaccatura, da dove prendono luce gli ambienti sotterranei, e collega la strada con un passaggio che circonda la zona interrate dell’edificio, come se fosse una trincea.

Dal vestibolo si passa in un percorso interno che si affaccia sul soggiorno disimpegnando le camere ipogee, immerse nella penombra.

Lo stesso cuore della casa è uno spazio fluido, scandito dalla successione delle colonne, dalla quinta scenografica dei contenitori, del camino del blocco bagno, dove il soffitto si piega parallelamente alle inflessioni del tetto, il pavimento è organizzato in dislivelli che seguono il pendio, le bucature sono allineate in maniera tale da consentire visuali che penetrano negli ambienti più distanti o che attraversano la casa da una parte all’altra.

Inoltre le superfici riflettenti delle vetrate, degli specchi d’acqua, concetto tipico dell’architettura di Scarpa, moltiplicano le visioni e forniscono immagini del lago intravisto tra gli alberi, dove i setti murari e le griglie degli infissi, incorniciano l’ambiente circostante non rivolgendosi verso il lago, come le residenze turistiche nei dintorni, ma verso la vigna e l’oliveto che diventano vari protagonisti.

I singoli elementi della villa non risultano isolati, anche se mantengono una potenziale autonomia formale, visto che non perdono di vista il loro compito nel gioco d’assieme come il pavimento che, anche se è interrotto da continui dislivelli, viene reso uniforme dalla continuità del materiale.