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Apre il 4 ottobre a Palazzo Reale a Milano, e sarà visitabile  fino al 26 febbraio 2023,  la prima retrospettiva in Italia dedicata a Max Ernst (1891-1976), pittore, scultore, poeta e teorico dell’arte tedesco, poi naturalizzato americano e francese.

Maximilien Ernst nacque a Brühl in Germania il 2 aprile 1891.

Iscrittosi nel 1909 presso la facoltà di filosofia dell’università di Bonn, dove studiò filosofia, storia dell’arte e psichiatria, dopo poco tempo scoprì la sua vocazione per l’arte.

Nel 1913 espose i suoi primi quadri a Berlino, dove conobbe Guillaume Apollinaire.

Un anno dopo Ernst , con lo pseudonimo di Dadamax, iniziò a lavorare con Hans Jean Arp e Johannes Baargelded, e i tre aderirono al movimento del Blaue Reiter di Monaco e al gruppo Der Sturm di Berlino.

Convinto sostenitore delle avanguardie, l’esordio di Ernst fu con quadri espressionisti, passò poi al dadaismo e, sotto l’influsso della pittura di Giorgio De Chirico, creò quadri e collages con oggetti e figure eterogenee, che rappresentano situazioni ambigue e surreali.

Nel 1920 con altri pittori, Ernst realizzò uno dei più scandalosi happenings mai realizzati dai dadaistmo e nel 1922 s trasferì  a Parigi, dove sarà tra i fondatori del Manifesto del surrealismo.

In questo contesto artistico raggiunse i punti più alti della sua arte con “L’oeil du silence” dipinto nel 1943 negli Stati Uniti, dove si era rifugiato fuggendo nel 1941, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, da un campo di detenzione francese.

Tornò a Parigi solo nel 1954, per continuare la sua ricerca nel campo dell’arte surrealista e nello stesso anno, alla Biennale di Venezia, gli fu assegnato il primo premio.

Negli ultimi anni della sua vita Max lavorò quasi unicamente con la scultura; uno degli ultimi suoi affascinanti lavori è un omaggio alle scoperte ed ai misteri intravisti nella stagione del surrealismo: Maximiliana ou l’exercise illegal de l’astronomie (1964), un libro interamente composto di segni astratti che simulano linee di scrittura e sequenze di immagini.

Max Ernst morì il 1 aprile 1976 a Parigi.

Oltre 400 sono le opere  della mostra tra dipinti, sculture, disegni, collages, gioielli e libri illustrati provenienti da musei, fondazioni e collezioni private, in Italia e all’estero come la GAM di Torino, la Peggy Guggenheim Collection e il Museo di Ca’ Pesaro di Venezia, la Tate Gallery di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, il Museo Cantini di Marsiglia, i Musei Statali e la Fondazione Arp di Berlino, la Fondazione Beyeler di Basilea, il Museo Nazionale Thyssen-Bornemisza di Madrid.

Come in una grande Wunderkammer, e in analogia con l’universo di Max Ernst, la mostra sfida i visitatori a cimentarsi in affascinanti e intriganti giochi di percezione tra stupore e meraviglia, dove logica e armonia formale si accompagnano a enigmi impenetrabili, ove opere, tecniche e costellazioni di simboli oltre la pittura.

Una serie di eventi collaterali animeranno i mesi della mostra, prima tra tutti la rassegna su Max Ernst, il Surrealismo e il Cinema realizzata in collaborazione con il MIC, Fondazione Cineteca Italiana.