Nel Natale del 1842 i torinesi videro, nelle eleganti vie del centro città, un gruppetto di ragazzi che cantava una canzoncina natalizia, a dirigerli c’era Don Giovanni Bosco e, anche se la musica era un po’ ingenua, la cantavano così bene da commuovere.
Allora Don Bosco non aveva un posto per fare le prove di canto con i ragazzi e così le faceva per le strade che i ragazzi conoscevano bene e anche quella canzone era stata scritta sul davanzale di una finestra.
Quei ragazzi vivevano il Natale per le strada, come i genitori di Gesù che avevano dovuto viaggiare da Nazaret a Betlemme e sperimentarono che cosa significa essere in terra straniera, infatti per loro non c’era posto nell’albergo.
I ragazzi di don Bosco cercavano uno spazio protettivo per poter crescere, lontano dai pericoli e lui lo cercò insieme a loro per tutta la vita.
La povera tettoia Pinardi, che il santo trovò nella primavera del 1846, avrebbe scoraggiato chiunque, come disse poi don Giovanni Francesia “Quando Don Bosco visitò per la prima volta quel locale, che doveva servire pel suo oratorio, dovette far attenzione per non rompersi la testa, perché da un lato non aveva che più di un metro di altezza; per pavimento aveva il nudo terreno, e quando pioveva l’acqua penetrava da tutte le parti. Don Bosco sentì correre tra i piedi grossi topi, e sul capo svolazzare pipistrelli”.
Ma per don Bosco era il più bel posto del mondo e scrisse nelle sue memorie “Corsi tosto da’ miei giovani; li raccolsi intorno a me e ad alta voce mi posi a gridare: — Coraggio, miei figli, abbiamo un Oratorio più stabile del passato; avremo chiesa, sacristia, camere per le scuole, sito per la ricreazione. Domenica, domenica, andremo nel novello Oratorio che è colà in casa Pinardi. — E loro additava il luogo. Quelle parole furono accolte col più vivo entusiasmo. Chi faceva corse o salti di gioia; chi stava come immobile; chi gridava con voci e, sarei per dire, con urli e strilli”.
Nei sogni, don Bosco venne poi invitato a prendersi cura dei ragazzi e dei giovani, aiutarli a crescere con l’affetto e la bontà.
E nella Buonanotte che precedeva una novena di Natale all’Oratorio disse al suoi ragazzi “Domani incomincia la novena del santo Natale. Due cose io vi consiglio in questi giorni. Ricordatevi sovente di Gesù Bambino, dell’amore che vi porta e delle prove che vi ha dato del suo amore fino a morire per voi. Al mattino alzandovi subito al tocco della campana, sentendo il freddo, ricordatevi di Gesù Bambino che tremava pel freddo sulla paglia. Lungo il giorno animatevi a studiar bene la lezione, a far bene il lavoro, a stare attenti nella scuola per amore di Gesù. Non dimenticate che Gesù avanzava in sapienza, in età e in grazia appresso a Dio ed appresso agli uomini. E sovra tutto per amore di Gesù guardatevi dal cadere in qualsivoglia mancanza che possa disgustarlo. Fate come i pastori di Betlemme: andate spesso a trovarlo. Noi invidiamo i pastori che andarono alla capanna di Betlemme, che lo videro appena nato, che gli baciarono la manina, gli offersero i loro doni. Fortunati pastori, diciamo noi! Eppure nulla abbiamo da invidiare, poiché la stessa loro fortuna è pure la nostra. Lo stesso Gesù, che fu visitato dai pastori nella sua capanna si trova qui nel tabernacolo. L’unica differenza sta in ciò, che i pastori lo videro cogli occhi del corpo, noi lo vediamo solo colla fede, e non vi è cosa, che possiamo fargli più grata, che di andare spesso a visitarlo. E in qual modo andare a visitarlo? Primieramente colla frequente Comunione. Altro modo poi è di andare qualche volta in chiesa lungo il giorno, fosse anche per un sol minuto”.