A Forlì il mese di febbraio racconta la storia di un miracolo di tanti anni fa…
La devozione alla Madonna del Fuoco a Forlì cominciò nel 1428, quando accadde un miracolo del quale furono testimoni tanti forlivesi.
Nella notte tra il 4 e il 5 febbraio scoppiò un incendio che distrusse una scuola, in via Cobelli, dove si trova oggi la chiesina del Miracolo.
Lì era il maestro da poche settimane Lombardino da Riopetroso, arrivato a Forlì da Valbona, tra Bagno di Romagna e Santa Sofia, che aveva insegnato ai suoi alunni non solo a leggere e a scrivere, ma anche a pregare davanti all’immagine della Madonna della scuola.
Quando la scuola bruciò i forlivesi si accorsero che l’immagine della Madonna era rimasta intatta, non si era bruciata e non era neanche annerita dal fumo.
Pochi giorni dopo, l’8 febbraio, l’immagine fu portata in processione fino alla vicina Cattedrale e sistemata accanto all’altare maggiore, poi nella cappella che le venne dedicata dove si trova ancora oggi.
Nel corso dei secoli i forlivesi sono accorsi attorno alla Madonna non solo in occasione della festa, che cade il 4 febbraio, ma tutte le volte che hanno affrontato difficoltà, come durante le guerre e i terremoti.
Sono nate anche tradizioni legate alla festa come quella della Fiorita alla colonna della Madonna del Fuoco in piazza del Duomo, dove si fermò a pregare con i bambini anche papa Giovanni Paolo II quando venne in visita a Forlì nel maggio 1986.
Altre tradizioni sono quelle di accendere i lumini alle finestre la sera della vigilia e di mangiare la piadina della Madonna il 4 febbraio.
La devozione alla Madonna del Fuoco ha superato da tempo i confini della diocesi arrivando non solo in città come Cervia, Cesena e Rimini, ma anche in Ancona e Roma e arrivando fino all’Africa e al Polo Nord.
La Madonna del Fuoco entrò a Cervia nel XVII secolo, con la nomina a vescovo del forlivese Francesco Maria Merlini, che resse la diocesi dal 1635 al 1644, grazie ai salinari che chiedevano il calore estivo del sole, ardente come il fuoco, indispensabile per un abbondante raccolto di sale. Raggruppati nella confraternita della Beata Vergine del Fuoco, il 4 febbraio, come accade ancora oggi, i salinari inviavano una loro rappresentanza a Forlì e come dono, assieme al sale, recavano lampade d’argento, calici e apparati vari, oggi conservati in un armadio del Duomo di Forlì con lo stemma della comunità di Cervia ed eressero nella loro Cattedrale una sua immagine.
Ad un sacerdote, don Pietro Giacomo della Valle, si deve l’inizio della devozione mariana ad Ancona e a Roma, quando portò una immagine della Patrona di Forlì nella città marchigiana, dove divenne la protettrice dei fornai e dove è venerata nella collegiata di Santa Maria della Piazza.
Lo stesso don Giacomo nel 1706 fece dipingere il quadro della Madonna del Fuoco e la pose nella chiesa di San Marcello al Corso dove ancora oggi, il 4 febbraio, si raduna la Famiglia Romagnola per la sua festa.
Nel 1926, in preparazione alle celebrazioni del quinto centenario del miracolo, fu deciso di erigere in Uganda una missione dedicata alla Madonna del Fuoco, con le realizzazione di un catecumenato per preparare gli indigeni a ricevere il battesimo.
Il 29 marzo 1928 Luciano de Nardis scrisse da Forlì al comandante Umberto Nobile in procinto di partire con il dirigibile Italia verso il Polo Nord dicendo che “A compendio delle nostre feste vorremmo che una targa dell’immagine (della Madonna del Fuoco) vi accompagnasse nel nuovo viaggio di vostra gloria sul mistero dei ghiacci eterni e una medaglia fosse deposta al vertice della terra. E’ dolce al nostro cuore di credenti pensare la Vergine dominatrice del fuoco dominare sui ghiacci del confine del mondo e al nostro cuore di romagnoli e di italiani è dolce pensare il più caro simbolo del nostro altare esaltato con l’ala del tricolore”.
Nobile rispose con una lettera del 3 aprile promettendo di applicare sulla cabina di comando del dirigibile la targhetta e di lanciare la medaglia sui ghiacci “com’è vostro desiderio e se Dio vorrà che noi giungiamo alla meta che ci siamo proposta” come in effetti accade.