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Pochi fotografi hanno unito realtà e poesia come Robert Doisneau, tra i maestri più amati dal pubblico e 130 scatti del reporter francese sono a Milano per una mostra che ne traccia un ritratto completo, in viaggio lungo cinquant’anni di carriera.

Dopo Elliott Erwitt, Jacques Henri Lartigue, Inge Morath, Maurizio Galimberti e il progetto dedicato a Lee Jeffries, il Museo Diocesano Carlo Maria Martini prosegue il viaggio nella grande fotografia con una full immersion nell’universo di Doisneau, infatti fino al 15 ottobre nella cornice dei Chiostri di Sant’Eustorgio si possono ammirare preziose stampe in bianco e nero ai sali d’argento provenienti dall’atelier di Montrouge, dove il fotografo stampava e archiviava le sue immagini, e dove ha lasciato un tesoro di 450 mila negativi e un’incredibile mole di stampe d’epoca.

Considerato il padre della fotografia umanista francese e l’iniziatore del fotogiornalismo di strada insieme a Henri Cartier-Bresson, nella mostra milanese Doisneau si svela tra scatti iconici e perle poco note con mille storie da raccontare.

Non mancherà Il Bacio all’Hotel de Ville, la sua immagine più celebre, considerata un esempio di come la fotografia sia capace di fermare l’attimo, oltre al meglio della produzione del maestro tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta, dalla guerra alla liberazione, e poi il lavoro, l’amore, i giochi dei bambini, il tempo libero, la musica, la moda.

Ci sono personaggi come Jacques Prévert, Juliette Gréco, Pablo Picasso, André Malraux, Jean Tinguely, Fernand Léger, Alberto Giacometti, ma soprattutto una folla di passanti, portinai, ragazze e monelli sorpresi nella freschezza della vita di ogni giorno, che insieme restituiscono lo spaccato di un’epoca e della sua umanità.

Completa il percorso un’intervista video al curatore Gabriel Bauret e la proiezione di un estratto dal film realizzato nel 2016 dalla nipote del fotografo, Clémentine Deroudille,  per approfondire la conoscenza dell’uomo Doisneau con la sensazione di intimità che caratterizza le sue fotografie.

Doisneau nacque il 14 aprile 1912 a Gentilly, un sobborgo di Parigi che segnò profondamente la sua estetica e il suo modo di guardare le cose.

Diplomatosi incisore litografo alla scuola di Estienne decise di abbandonare quella strada per gettarsi nella realtà viva e cruda delle periferie, che all’epoca nessuno considerava, con  un mezzo d’espressione al tempo ancora guardato con un certo sospetto come la fotografia.

Lo sforzo maggiore fu quello di donare dignità alla fotografia, cercando di svincolarla da una considerazione professionale, occupandosi in primo luogo di soggetti che non interessavano a nessuno e che non avevano nessun valore commerciale.

I suoi committenti di allora erano nomi come Renault e Vogue. ma furono ben presto abbandonati in favore dell’Agenzia Rapho.

Il soggetto privilegiato del fotografo fu Parigi, ma di piccola gente, di arie di fisarmonica, di grandi e bambini, i cui sguardi trasudano umanità e tenerezza.

Tra le produzioni di questo periodo si possono citare le celebri “Banlieues” tra le quali spicca la storica “Banlieue la nuit” del 1947, a quelle dedicate ai bambini: “Le dent” (1956), “Les Frères” (1934), “Les petits enfants au lait” (1932).

L’artista preferiva definirsi come un pescatore di immagini e sentiva la necessità di immergersi completamente nella realtà.

Robert Doisneau morì ultraottantenne nel 1994, dopo aver coronato il suo sogno, insieme ad altri colleghi, di dare un valore alla fotografia che prima non aveva.