Era un giorno di gennaio di ottant’anni fa quando, in una casa di Palermo, nacque Paolo Borsellino, il magistrato che con caparbietà, allegria e passione lottò per tutta la vita contro la mafia, con il suo caro amico e collega Giovanni Falcone.

Paolo Borsellino nacque a Palermo il 19 gennaio 1940 nell’antico quartiere della Kalsa, da una famiglia di farmacisti.

Frequentò il Liceo classico Meli, s’iscrisse poi alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo e a ventidue anni conseguì la laurea con il massimo dei voti, ma pochi giorni dopo perse il padre, che gli lasciò la responsabilità di provvedere alla famiglia.

Paolo si impegnò con l’ordine dei farmacisti a lavorare nell’attività del padre fino al conseguimento della laurea in farmacia della sorella, senza dimenticare di studiare per il concorso in magistratura, che superò nel 1963.

Nel 1965 fu uditore giudiziario presso il tribunale civile di Enna e due anni dopo ottenne l’incarico di pretore a Mazara del Vallo nel periodo successivo al terremoto del Belice, poi nel 1969 fu trasferito alla pretura di Monreale dove lavorò con il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile.

E’ il 1975 quando Paolo Borsellino fu trasferito al tribunale di Palermo ed entrò all’Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici, e da li partì la sua lotta per sconfiggere l’organizzazione mafiosa.

Nel 1980 arrivò l’arresto dei primi sei mafiosi, ma il capitano Basile fu ucciso in un agguato e da questo momento in casa Borsellino arrivarono i ragazzi della scorta.

Fu costituito un pool che comprendeva Falcone, Borsellino e Barrile sotto la guida di Rocco Chinnici, per scuotere le coscienze e sentire la stima della gente.

Il 29 luglio 1983 venne ucciso il giudice Rocco Chinnici con un’autobomba, a sostituirlo arrivò a Palermo il giudice Caponnetto e il pool continuò nell’incessante lavoro raggiungendo i primi risultati.

Nel 1984 fu arrestato Vito Ciancimino e si pentì Tommaso Buscetta, portando alla preparazione del Maxiprocesso, che terminò con centinaia di condanne.

Concluso il Maxiprocesso,  Borsellino chiese il trasferimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala per ricoprire l’incarico di Procuratore Capo, assieme a Diego Cavaliero, magistrato di prima nomina.

Nel 1987 Caponnetto fu costretto a lasciare la guida del pool per motivi di salute.

Tutti a Palermo si aspettavano la nomina di Giovanni Falcone al posto di Caponnetto, ma il 14 settembre il CSM disse che sarebbe stato Antonino Meli a guidare il pool.

Amareggiato Falcone si trasferì a Roma come direttore degli affari penali e lavorò all’istituzione della Superprocura, mentre Borsellino decise di tornare a Palermo, con il sostituto Ingroia e il maresciallo Canale.

Nel maggio 1992 Giovanni Falcone stava per diventare il superprocuratore, ma il 23 maggio nella strage di Capaci il magistrato morì con la moglie e alcuni membri della scorta.

Paolo Borsellino soffrì molto, gli fu offerto di prendere il posto di Falcone nella candidatura alla superprocura, ma rifiutò per continuare la lotta alla mafia, diventando sempre più consapevole che il suo momento era vicino.

Il 19 luglio 1992 Borsellino si recò a Villagrazia per rilassarsi e dopo pranzo tornò a Palermo per salutare la madre, ma l’esplosione di un’autobomba sotto la casa di via D’Amelio uccise il giudice e gli uomini della sua scorta, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, prima donna poliziotto a morire in un attentato di mafia.

Forse quella motivazione, un saluto alla mamma, aggiunge dolcezza a una figura irreprensibile di magistrato, ma soprattutto di un uomo.