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Il filologo che dedicò tutta la vita alla storia della letteratura lombarda…

Dante Isella nacque a Varese l’11 novembre 1922, da Umberto e da Maria Martignoni, una famiglia proprietaria di un’azienda di trasporti e visse prima a Varese, poi a Casciago, sulle Prealpi che si affacciano sui laghi, di fronte al Monte Rosa.

Compì gli studi superiori presso il liceo ginnasio Cairoli di Varese, frequentò poi la facoltà di lettere di Milano, ma dopo l’8 settembre 1943 passò la frontiera con la Svizzera e nel gennaio 1944 giunse a Friburgo.

Qui Isella incontrò amici come Giorgio Orelli, Luciano Erba, Romano Broggini, Adriano Soldini, e Giansiro Ferrata, mentre cominciò a lavorare alla tesi di laurea su La lingua e lo stile di Carlo Dossi, poi discussa a Firenze nella primavera del 1947 con Attilio Momigliano e Bruno Migliorini.

Dopo quattordici anni passati fra il lavoro nell’azienda familiare e lo studio, Isella approdò alla carriera universitaria con un incarico al magistero di Parma e nel 1966 iniziò a insegnare a Catania come ordinario e nel 1967 arrivò alla facoltà di lettere e filosofia di Pavia, dove rimase per dieci anni.

Nel 1972 assunse un incarico presso il Politecnico federale di Zurigo, poi nel 1977 lasciò la cattedra italiana e mantenne quella svizzera sino al 1988, fu accademico della Crusca dal 1988, dei Lincei dal 1997.

Nel 1962, con Niccolò Gallo, Geno Pampaloni e Vittorio Sereni fondò Questo e altro, rivista che diresse due anni fino alla chiusura poi passo nel 1966, assieme a Maria Corti, d’Arco Silvio Avalle e Cesare Segre, alla rivista Strumenti critici e nel 2001 fondò I quaderni dell’Ingegnere. Testi e studi gaddiani che seguì fino alla morte.

Isella diresse i Classici italiani di Mondadori dal 1961 al 1993 e, dal 1978, la collana di Testi e strumenti di filologia italiana della Fondazione Mondadori poi, con Giorgio Manganelli diede vita, nel 1987, presso la casa editrice Guanda, alla collana di classici della Fondazione Pietro Bembo, che diresse prima con Giovanni Pozzi e poi con Pier Vincenzo Mengaldo.

Gli interessi culturali di Isella furono vasti e molteplici, ma il cuore dei suoi studi rimase la cultura lombarda, sia nel senso di una letteratura che si esprime in dialetto e non in lingua con, oltre a Manzoni e Parini, Carlo Dossi, Carlo Emilio Gadda e Vittorio Sereni, più un milanese d’adozione come Eugenio Montale.

I capisaldi della filologia di Isella su testi lombardi in italiano furono, i lavori su Parini e quello su Manzoni.

I risultati conseguiti sul primo, furono ineccepibili, con il poemetto pariniano Il Giorno presentato ai lettori nella sua forma di opera in continuo divenire, in cui alle prime due parti, concluse e pubblicate nel 1763 (Mattino) e 1765 (Mezzogiorno), si contrappone una seconda redazione degli anni Novanta scandita in quattro parti, Mattino, Mezzogiorno, Vespro e Notte, mai portata a compimento, e fondata sul rifacimento delle prime due sezioni e sulla stesura delle ultime due.

Agli inizi degli anni Ottanta Isella inaugurò pubblicamente il più importante dei suoi cantieri, quello gaddiano e le dinamiche testuali lo spinsero elaborare un modello di apparato mai sperimentato, che potesse formalizzare la complessità della scrittura dell’autore, dove allo sviluppo del testo narrativo s’intrecciano di continuo, e sulle stesse pagine, riflessioni di carattere strutturale.

Questo gli permise di coordinare un gruppo di studiosi, poi coinvolti nella memorabile impresa del ‘tutto Gadda’ pubblicato presso Garzanti nei Libri della Spiga fra il 1988 e il 1993.

Il lavoro su Gadda permise a Isella di affrontare sotto una nuova prospettiva il problema del testo del Partigiano Johnny, pubblicato in edizione critica, assieme alle altre opere di Beppe Fenoglio, nella Pléiade di Einaudi nel 1982 e in un’edizione accresciuta nel 2001, dove individuò nel testo un romanzo incompiuto da cui l’autore staccò blocchi narrativi che confluirono altrove, come in Primavera di Bellezza.

Dante Isella morì a Milano il 3 dicembre 2007.