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Cuore del conflitto fra l’autonomia del linguaggio architettonico e il modello abitativo proposto, la Casa Farnsworth di Ludwig Mies van der Rohe è uno dei simboli dell’architettura del Novecento celata in una foresta vicino a Plano, in Illinois.

Fra le opere più rappresentative del periodo americano di Mies, Casa Farnsworth venne progettata fra il 1945 e il 1950 come la residenza per il fine settimana di Edith Farnsworth, donna di Chicago dalla personalità colta e influente.

L’edificio fu acclamato dagli architetti che si riconoscevano nella modernità della perfezione formale, ma Frank Lloyd Wright lo vide come risvolto egotico dell’architettura moderna, poiché le superfici trasparenti della casa erano un attacco alla privacy della casa tradizionale, visti come una rottura rispetto a modelli abitativi considerati inossidabili.

Ludwig Mies van der Rohe si trasferì negli Stati Uniti alla fine degli anni Trenta e si stabilì a Chicago, dove rivestì il ruolo di preside dell’Armour Institute of Technology, oggi Illinois Institute of Technology, di cui ridisegnò il campus fra il 1939 e il 1958.

Il progetto per la Casa Farnsworth comparve per la prima volta già nel 1947, quando il MoMA ne propose un primo modello all’esposizione monografica su Mies van der Rohe curata da Philip Johnson e l’edificio, di cui Mies fu sia architetto che costruttore, venne completato nel 1951 in una zona soggetta a inondazioni nei pressi del fiume Fox.

A una lettura architettonica – costruttiva, la casa ha l’aspetto di un podio, un pavimento e un tetto nella loro forma più astratta, con tre lastre rettangolari orizzontali di travertino che paiono fluttuare a 1,5 metri di altezza, di cui le due più grandi raggiungono i 23 x 9 metri.

Confinati su due terzi delle lastre più grandi, i 140 metri quadrati dell’interno sono totalmente aperti, interrotti dal volume di legno dei servizi, e delimitati da una scatola di vetro con unico elemento schermante una tenda di seta shantung naturale.

L’edificio reinterpreta il volume monopiano a pianta rettangolare, sgombro all’interno e quindi unitario, come la Crown Hall (1952-56) al campus dell’IIT o la casa Fifty-fifty (1951, non realizzata) ma, a differenza della Crown Hall, nelle due residenze i pilastri sono sul filo esterno delle lastre che sorreggono, lasciando il vetro indisturbato attorno al perimetro dello spazio interno. Questi elementi, prefabbricati seguendo i modelli americani, sono il segno della distanza crescente fra la produzione americana e quella europea di Mies, infatti nel Vecchio Continente l’architetto si avvalse spesso dell’uso del pilastro a sezione cruciforme generico, come nei casi del Padiglione di Barcellona (1929) o nella casa Tugendhat a Brno.

Due degli aforismi miesiani sono all’opera in questo edificio, il primo è l’interpretazione dell’architettura come una volontà di un’epoca tradotta in spazio, da cui discende l’uso del pilastro prefabbricato e il secondo è il beinache nichts, ovvero il quasi nulla, perfetto per un progetto fatto di pochi ed essenziali elementi combinati attraverso una logica cristallina, perfettamente costruito.