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Uno degli scrittori simbolo della Spagna novecentesca…

Miguel De Unamuno nacque a Bilbao il 29 settembre 1864 da una famiglia benestante, e studiò nella sua città e a Madrid, laureandosi in lettere e filosofia.

Nel 1889 cominciò a pubblicare i suoi scritti e fece un viaggio in Francia e in Italia e nel 1891, sposatosi con Concha Ljzarraga, vinse la cattedra di letteratura greca all’università di Salamanca dove nel 1901 fu nominato Rettore.

Unamuno era un uomo di singolare erudizione e di alta sensibilità, fu particolarmente attento alle vicende storiche politiche e culturali della sua patria, divenendo per molti un punto di riferimento per la solidità e la coerenza della sua condotta morale.

La sua opera è dominata dallo sforzo di conciliare l’irriducibile contrasto fra materia e spirito e di affermare la superiorità dell’ideale sul reale, del divino sull’umano e, anche se non era di stampo modernista, ebbe grande importanza come per le future innovazioni della letteratura novecentesca. Il suo romanzo più noto è Nebbia (1914), che è diviso in due parti.

Nella prima parte è narrata la storia di Augusto Perez che sposa, per salvarla da una catastrofe economica, Eugenia innamorata del fannullone Maurizio.

Il matrimonio si rivela un disastro perché Eugenia fugge con l’amante lasciando Augusto nella disperazione.

Nella seconda parte Augusto si reca dallo stesso Unamuno, che ha scritto un trattato sul suicidio, per manifestargli la decisione di uccidersi, ma lo scrittore gli dice che non lo può fare perché non appartiene a se stesso, ma in quanto personaggio di un romanzo appartiene al suo autore che lo farà morire a suo piacimento.

Questo gioco intellettualistico della seconda parte, detto Nivola, anticipa le soluzioni del teatro del Novecento, più specificamente quello pirandelliano.

Lo scrittore venne destituito dal suo incarico di rettore nel 1904 per attività contro la monarchia di Alfonso XIII, mentre nel 1924 fu confinato nelle isole Canarie a causa dell’opposizione alla dittatura di Primo de Rivera, ma riuscì a fuggire e a rifugiarsi a Parigi e poi a Hendaye, città francese sul confine spagnolo.

Unamuno tornò in patria alla fine della dittatura, nel 1930, fu reintegrato nella sua carica di Rettore universitario a Salamanca e, all’inizio della guerra civile spagnola, il 19 luglio 1936 accettò la carica di consigliere offertagli dal sindaco, il comandante del Valle, ma finì per pentirsi del suo appoggio alla sollevazione militare.

Il 12 ottobre 1936, durante l’apertura dell’anno accademico, che coincideva con la celebrazione del Día de la Raza, nel Paraninfo dell’Università, Unamuno tenne una critica durissima del corso preso dalla guerra civile spagnola, davanti a un indignato generale Millán-Astray.

Il giorno stesso, la municipalità decise di espellere lo scrittore dall’università e il 22 ottobre, Franco firmò il decreto di destituzione del rettore Unamuno.

Unamuno passò i suoi ultimi mesi di vita agli arresti domiciliari nella sua casa, in un profondo stato di disperazione e solitudine, prima di morire il 31 dicembre 1936.