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Luigi Einaudi, uno dei padri della Repubblica Italiana, fu un grande presidente e un esperto del pensiero liberale….

Il grande statista nacque a Carrù, vicino a Cuneo, il 24 marzo 1874 da una modesta famiglia, originaria della valle Maira.

Dopo la morte del padre, la madre si trasferì con la famiglia a Dogliani, mentre il giovane Einaudi vinse una borsa di studio per frequentare il ginnasio presso i padri delle Scuole Pie a Savona, e nel 1895, a soli ventuno anni, si laureò in giurisprudenza a Torino.

Nel 1902 divenne docente all’Università di Torino nella cattedra di Scienze delle Finanze, con l’incarico di Legislazione Industriale ed Economia Politica.

Due anni dopo ebbe la cattedra di Scienze delle Finanze all’Università Bocconi di Milano e si dedicò nei suoi studi alla ricerca nel campo dell’economia e della scienza delle finanze, all’insegnamento e al giornalismo.

Nel 1912 propose una nuova teoria finanziaria, presentata prima sotto forma di articoli giornalistici e poi in un suo saggio, Concetto di reddito imponibile e sistema d’imposte sul reddito consumato.

La rivoluzione fiscale, poi attuata, consisteva nel far prelevare dallo Stato a tutti i cittadini un’imposta comunale di famiglia in base al reddito prodotto dai salari, o dalle attività, o dagli immobili o altro, applicando un’aliquota.

Questa sua idea portò alla dichiarazione annuale delle imposte sui redditi delle persone fisiche, l’attuale 740.

Luigi fu nominato Senatore del Regno nel 1919, su proposta di Giovanni Giolitti, e al Senato divenne uno dei più tenaci sostenitori della necessità di abbandonare ogni forma di socialismo di stato che si era infiltrato nella vita economica italiana durante la prima guerra mondiale, ampiamente esposte in La condotta economica e gli effetti sociali della guerra italiana del 1933. Inizialmente Einaudi guardò con speranza al programma economico del fascismo, ma prima della marcia su Roma prese posizione contro la dittatura, e nel 1927 lasciò il Corriere della Sera, finito sotto il controllo del regime.

Nel 1935 le autorità fasciste fecero chiudere la rivista Riforma Sociale, e l’anno successivo Einaudi dette vita alla Rivista di storia economica e, dopo il 25 luglio, l’economista fu nominato rettore dell’università di Torino, ma con la proclamazione della Repubblica Sociale di Salò, dovette abbandonare l’incarico e rifugiarsi in Svizzera.

Alla fine del 1944 rientrò a Roma e il 5 gennaio 1945 fu nominato governatore della Banca d’Italia, dove ebbe modo di dimostrare le sue capacità di statista.

Nel 1946 venne eletto deputato all’Assemblea costituente per il Partito Liberale Italiano, e dal 31 maggio 1947 fece parte del Governo quale vice Presidente e ministro del Bilancio, provvedendo alla stabilizzazione della lira mediante una politica di restrizione creditizia.

Einaudi il 10 maggio 1948 fu eletto Presidente della Repubblica, e alla scadenza del mandato, il 25 aprile 1955, rientrò a far parte del Senato.

Il Presidente fu uno dei primi e più convinti sostenitori della necessità di creare l’Europa unita e, avversario di ogni forma di monopolio, si schierò in particolare contro quello statale nel settore della scuola.

Nel mese di giugno 1955, l’università inglese di Oxford gli conferì la laurea honoris causa.

Luigi Einaudi morì a Roma il 30 ottobre 1961 e fu sepolto nella tomba di famiglia a Dogliani, dove amava passare le vacanze e discorrere con la gente dei problemi quotidiani, dedicandosi personalmente alla conduzione della sua azienda agricola, applicandovi i più moderni sistemi di coltura.