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Una chiesa, nel cuore di Roma, che ebbe un ruolo chiave nella vita di Don Bosco…

Nella zona dove si trova oggi la Basilica del Sacro Cuore esistevano nell’antichità due complessi monumentali dell’epoca imperiale, il Castro Pretorio e le Terme di Diocleziano.

Il primo era la caserma delle guardie imperiali, costruita nel 21-23 d.C.: dal prefetto Elio Seiano, ministro dell’imperatore Tiberio e si estendeva fino all’odierna via Palestro.

Fu smantellato da Costantino il grande, dopo la vittoria su Massenzio per punire i pretoriani che avevano parteggiato per quest’ultimo e ne rimasero in piedi solo le mura esterne che l’imperatore Aureliano aveva incluso nella cinta muraria che porta il suo nome.

Più fortuna ebbe il complesso monumentale delle Terme, costruite tra il 298 e il 306 d.C. dall’imperatore Diocleziano, noto per la persecuzione contro i cristiani.

Altri edifici di minor importanza, esistevano in epoca imperiale nella zona, come un complesso termale dell’epoca degli Antonini, i cui resti vennero alla luce nel 1949 durante i lavori di scavo della galleria di testa della metropolitana, a pochi passi dalla basilica, in prossimità della Porta Viminale dell’aggere Serviano.

Nel Medio Evo e fino a tutto il XV secolo, i terreni adiacenti alle Terme di Diocleziano erano coperti da folte boscaglie e nella seconda metà del XVI secolo tutta la zona si arricchì di orti e giardini.

Fra le ville, la più famosa fu la  Montalto-Peretti che il cardinale Felice Peretti commissionò a Domenico Fontana nel 1570, quindici anni prima di salire al soglio pontificio come Sisto V.

La villa, molto vasta, si estendeva all’incirca da San Maria Maggiore all’odierna via Marsala, la quale si chiamava allora Via di Porta San Lorenzo.

Lungo la via correva l’acquedotto Felice, fatto costruire da Sisto V nel 1587, che terminava in Piazza San Bernardo con la fontana del Mosè, tutt’ora esistente.

Alla fine del XVI secolo, il luogo dove sorge la basilica era dei Gesuiti e faceva parte di una villa al Castro Pretorio, che denominavano Macao, in memoria della regione della Cina evangelizzata da San Francesco Saverio.

Nel 1860 Pio IX fece erigere nella zona una stazione ferroviaria, inaugurata nel 1863 come Stazione Centrale delle Ferrovie Romane, e che per la vicinanza con le antiche Terme di Diocleziano divenne nota con il nome di Stazione Termini.

Fu subito necessario edificare un nuovo quartiere e monsignor Saverio De Merode prendeva l’iniziativa con grande intraprendenza, superando vari difficoltà, infatti a lui si deve la parte iniziale di Via Cesarini , detta poi via Nazionale.

Le ville scomparvero, e sui terreni compresi tra le Basiliche di Santa  Maria Maggiore e San Lorenzo fuori le Mura e tra i colli Viminale ed Esquilino ci fu una nuova area urbana.

Il 10 settembre 1870, pochi giorni prima della breccia di Porta Pia, Pio IX inaugurò il nuovo acquedotto dell’acqua Marcia, e benediceva la piazza dove fu in seguito edificata la Fontana dell’Esedra, nota come piazza della Repubblica.

Inoltre il papa fece acquistare un terreno sulla strada allora denominata Via di Porta San Lorenzo con l’intenzione di farvi edificare una chiesa da dedicare a San Giuseppe, che l’8 dicembre 1870 era stato dichiarato dal pontefice Patrono della Chiesa universale.

In quegli anni si andò affermando con fervore, soprattutto in Francia e in Italia, un forte movimento di devozione al Sacro Cuore di Gesù, così Pio IX modificò il suo progetto e accettò che il nuovo tempio fosse dedicato al Sacro Cuore.

La costruzione della chiesa si fermò però alle fondamenta, per mancanza di fondi e per disorganizzazione interna.

Il nuovo pontefice Leone XIII, succeduto a Pio IX nel febbraio 1878, era  affranto per l’insuccesso, ma il cardinale Alimonda gli suggerì di incaricare dell’impresa San  Giovanni Bosco, fondatore dell’ordine dei Salesiani, di cui era ben nota al Papa l’intraprendenza e l’incondizionata obbedienza.

Il 5 aprile 1880 Leone XIII incaricò don Bosco di assumere la responsabilità del progetto, specificando di non avere fondi da affidargli e  il sacerdote piemontese accettò, ponendo quale unica condizione la possibilità di ampliare il cantiere per affiancare alla chiesa un ospizio per i giovani del quartiere.

L’edificazione della chiesa costò enormi fatiche sacrifici all’anziano sacerdote ma precedette con grande  speditezza..

Nel 1883 il cardinale Lucido Parocchi benedì il coro e il presbiterio della nuova chiesa, l’anno successivo papa Leone indisse una colletta nazionale per finanziare la facciata.

All’inizio del 1887 la struttura era questo ultimata e don Bosco, ormai allo stremo delle forze, chiese un ultimo miracolo per inaugurare la chiesa nel mese di maggio.

Il 20 aprile 1887 don Bosco compì il suo ultimo viaggio da Torino a Roma, dove incontrò  papa Leone, che lo elogiò per l’impresa compiuta e il  14 maggio la Chiesa del Sacro Cuore al Castro Pretorio fu  solennemente consacrata per mano del cardinale vicario Parocchi, alla presenza di numerose autorità civili e religiose.

Don Bosco il 16 maggio 1887 celebrò la Messa all’altare di Maria Ausiliatrice e fu la sua unica celebrazione nella chiesa del Sacro Cuore.

Nel 1921, papa Benedetto XV dichiarò il Tempio del Sacro Cuore Basilica Minore.